Alessandro Fasola
un garibaldino da riscoprire
Il 19 aprile 1881 all'età di 82 anni, ed ancora in buone condizioni
fisiche qualche giorno prima, moriva a Novara Alessandro Fasola.
Figlio del dottor Gaudenzio e di Francesca Rovida era nato a Novara il 28 febbraio
1799. Pochi anni dopo la sua nascita - nel 1805 - la famiglia si trasferì
a Prato grazie alla cospicua eredità lasciata dallo zio sacerdote Stefano
Genesi al dottor Gaudenzio, padre di Alessandro. L'imponente quantità
di terreni (il canonico Stefano Genesi era in quel tempo il più ricco
proprietario del paese, e così lo fu Gaudenzio) gli impose la scelta
di abbandonare l'attività di medico per dedicarsi all'agricoltura; ma
dopo appena due anni - era il 10 settembre 1807 - Gaudenzio Fasola veniva colpito
improvvisamente da infarto mentre si trovava a Novara. Morì in quel giorno
lasciando orfana la numerosa famiglia composta da 8 figli (4 maschi e 4 femmine).
Da soli tre mesi Gaudenzio ricopriva la carica di sindaco del borgo di Prato.
Non si conosce molto dell'infanzia di Alessandro, ma si sa che si trovò
presto a dover gestire buona parte del patrimonio di famiglia; come si sa che
a soli diciotto anni si trovò seriamente in punto di morte per malattia,
al punto di dover fare stilare urgentemente il proprio testamento: volendo io
sottoscritto disporre di quanto mi appartiene, pel caso di morte, lego alla
mia signora madre Francesca Rovida l'usufrutto della mia eredità - lego
pure alla mia sorella Carolina zecchini cento da darsegli all'atto del di lei
collocamento in matrimonio; ed istituisco in mio erede generale il mio fratello
germano Paolo: tale essendo la mia mente sottoscrivo.
Alessandro riuscì a malapena ad apporre la propria firma tremolante in
calce al documento.
Il destino aveva però riservato per lui un'altra via, e non a caso visse
poi fino all'età di 82 anni. Della restante sua vita se ne conoscono
le vicende anche se però sarebbe necessario ed interessante approfondire
alcune di esse sotto l'aspetto storico. In ogni modo poco dopo la guarigione
entrò come cadetto nel reggimento dei Dragoni del Re di stanza ad Alessandria,
e fu proprio nel periodo che si svilupparono i moti costituzionale del 1821.
Si ricordano in proposito Carlo Beolchi e Ercole Majoni di Borgomanero condannati
a morte in contumacia per quei fatti. E si ricordano altresì Antonio
Majone incarcerato poi all'isola della Maddalena, Fasanini di Sostegno, i tre
fratelli Lanfranchi di Borgosesia, il fabbricante di carta Agostino Molino,
Florio, anch'esso borgosesiano, ed un buon gruppo di Antonini: il medico Giuseppe,
Carlo, Eugenio, Giacomo e il pittore Maurizio.
Alessandro con 270 compagni dragoni prese parte al fatto di Novara dell'8 aprile,
e secondo alcune testimonianze durante gli scontri ebbe il cavallo ucciso. Fallita
la sommossa insieme a tanti compagni abbandonò l'Italia imbarcandosi
a Genova per la Spagna. Tutte le cronache sulla sua vita parlano di un esodo
forzato e di una condanna che pesava sul suo capo, ma questo non risulta dai
documenti, che anzi, in molte carte della polizia il motivo della sua emigrazione
era ignoto. Il motivo preminente e logico della sua fuga era senz'altro il timore
di sanzioni che potevano essere gravi, ma che invece poi non avvennero per molti
dei partecipanti.
Giunto a Barcellona partecipò a vari fatti d'armi nelle fila dei costituzionali
distinguendosi presso Vittoria dove gli esuli italiani inflissero una severa
sconfitta agli assolutisti.
Caduto anche quel tentativo della libertà spagnola, il Fasola riparò
in Francia iscrivendosi all'Associazione dei Patrioti Italiani presieduta dal
novarese dottor Fossati (legato in seguito a Mazzini). Seguì un periodo
ancora più buio per la conoscenza di ciò che fece Alessandro.
Sembrerebbe certa però la sua partecipazione all'insurrezione parigina
delle tre giornate di luglio del 1830, in quanto ne accennano anche alcuni rapporti
polizieschi successivi. Uno in particolare della polizia di Milano diretto al
console sardo il 6 febbraio 1831 recitava testualmente che il Fasola impiegato
in qualità di agente presso l'amministrazione dei battelli a vapore prima
sul Lago Maggiore, e poscia sul Po, dopo essere stato per sua poca buona condotta
dimesso da tale azienda siasi recato in Francia, ed ivi, approfittando delle
vicende rivoluzionarie che sconvolsero l'antico ordine di cose, abbia preso
parte in esse, distinguendosi nelle memorabili giornate di luglio nelle quali
rimase ferito.
Ed inoltre sul finire della lettera il rapporto confermerebbe che era in Italia
in quegli anni precedenti, e che partì ultimamente da Milano precisamente
nel giorno 19 ottobre 1829 per Novara sua patria con vidimazione qui riportata
al passaporto di cui era munito, stato rilasciato il 23 marzo dello stesso anno
dal Regio Comando Militare di Arona.
Le note poliziesche confermano i rapporti del Fasola con i battelli a vapore
del Lago Maggiore e con i suoi proprietari, i Radaelli. Il motivo è molto
semplice: Giacomo Radaelli, bella figura di patriota che soffrì il carcere
nel '33, aveva sposato unasorella di Alessandro Fasola, ed oltre ad essere il
proprietario dei battelli abitava anch'esso a Prato Sesia. I Radaelli con le
loro imbarcazioni ebbero in seguito una parte importante nelle vicende garibaldine,
e fu probabilmente dovuta a questi legami la successiva amicizia del Fasola
con Garibaldi.
Anche quegli anni successivi al 1830 furono duri per i molti liberali valsesiani
sottoposti a serrati controlli polizieschi. Si ricordano i varallesi Nervi,
Boggio e Eugenio Antonini; Minoja e Viotti di Rima, i borgosesiani Calderini,
Delvano, Frichignano e i soliti Lanfranchi. I Cagnardi di Ghemme, e il farese
Bernardino Stoppani già nel '35 segnalato come seguace di Mazzini.
In ogni caso Alessandro, oltre a sposarsi in Francia, incominciò un'attività
imprenditoriale non meglio precisata che gli valse dei premi alle esposizioni
parigine del 1839 e 1844.
Rientrò definitivamente in Italia nel 1847 stabilendosi a Prato. Non
seppe resistere allo scoppio dell'insurrezione milanese del marzo '48, e nonostante
i suoi 49 anni abbandonò subito il paese arruolandosi nella colonna di
Francesco Arese, e combattendo a Caprino, Villafranca, Corona e Sommacampagna.
Terminata infelicemente la 1° guerra d'indipendenza ritornò a Prato
dove assunse la carica di sindaco. Non pago dell'età e della vita avventurosa
che aveva alle spalle nel 1859 - a 60 anni - corse di nuovo ad arruolarsi nei
Cacciatori delle Alpi al comando di Garibaldi. In alcuni scritti risulta segnalato
anche con il grado di maresciallo d'alloggio. Si sa comunque che faceva parte
con Nullo dello squadrone delle guide a cavallo; uomini particolarmente preparati
e necessariamente ottimi cavalieri. Fu probabilmente grazie alle sue conoscenze
dei luoghi che Garibaldi passò con il suo corpo nelle nostre zone, proveniente
da Biella in direzione di Arona. Il 19 maggio 1859 giunsero alcune guide garibaldine
a Gattinara e Romagnano dove collocarono degli avamposti di controllo delle
principali vie di comunicazione. Il giorno successivo Garibaldi con i suoi Cacciatori
giunsero a Gattinara dove sostarono. Nella notte venne preparato un ponte di
barche sul fiume sotto la direzione di Alessandro Antongini e del colonnello
garibaldino Simonetta. Il 21 maggio i Cacciatori attraversarono il fiume e sostarono
a Romagnano fino al giorno successivo quando ripartirono per Arona.
Intorno alla fine di novembre Fasola venne congedato per lo scioglimento del
gruppo e fece ritorno a casa dedicandosi di nuovo agli affari di famiglia.
Si annoiava certamente ed attendeva ancora qualche buona occasione che sapeva
essere vicina causa i sommovimenti politici che si agitavano. E l'occasione
venne pochi mesi dopo, e fu un fatto veramente eccezionale se si sta a quanto
scrisse l'Abba, e non vi è ragione di dubitarle perché egli raccolse
e scrisse "sul momento" ciò che erano le vicende private dei
suoi amici garibaldini: E colui dalla faccia tagliente, d'occhi ed atti che
pare il falco reale; grigio, castagno, grinzoso, fresco, che ha tutte le età,
chi è, quanti anni porta in quelle sue ossa d'atleta, in quelle sue carni
segaligne? L'ho sempre veduto da Marsala in qua e osservato con certa riverenza.
E ho immaginato che debba essere qualcosa come zio o fratello maggiore di Nullo.
Ma oggi ne chiesi. E noto perché mi sia d'insegnamento, che Alessandro
Fasola da Novara ha sessant'anni fatti; che dal 1821 ne ha spesi quaranta a
lavorare, a sperare, a combattere; che sempre da Santorre Santarosa a Garibaldi
fu visto comparire alla chiamata, giovine, ardente e sicuro.
Ed in nota sta scritto il modo incredibile in cui si aggregò al gruppo
garibaldino: Uno dei giorni che precedettero la spedizione di Garibaldi capitò
in una stazione del Novarese (Borgomanero) dov'era sindaco di non so qual luogo.
Vide da una vettura del treno che arrivava affacciarsi Nullo, già suo
compagno nelle Guide del 1859, e seppe da lui che tornava da far gente pel Generale,
pronto in Genova a partire per la Sicilia. "Ah sì?" disse Fasola
a Nullo; e piantato legno e cavallo che aveva lì fuori; tal quale si
trovava, con una grossa somma riscossa poco prima; montò con Nullo, egli
sessagenario, ma d'impeto e giovane quanto i più giovani di quei tempi.
Fu certamente la sua ancor buona prestanza fisica, le sue capacità, e
i suoi legami precedenti con il condottiero che lo fecero accettare nel gruppo,
e si dimostrò un buon guadagno per Garibaldi. Con lui partirono da Quarto
anche gli Antongini, i fratelli Barberi di Castelletto, Pagani di Borgomanero,
Presbitero di Orta, Galloppini di Borgosesia cameriere d'albergo residente in
Genova.
Fu ancora compagno di Nullo a far parte delle Guide e agli ordini di Missori,
nonostante che a causa dell'età fosse stato assegnato come sergente furiere
alle sussistenze; ed ancora una volta fu un bene per Garibaldi. Le sue grandi
capacità e l'indomito coraggio fecero sì che su proposta di Sirtori
venne prima promosso a tenente ed in seguito a capitano. Non solo, ma per essersi
ben distinto a Calatafimi ricevette anche la medaglia d'argento al valore.
Terminata l'epopea garibaldina gli fu concesso di entrare nell'armata regolare,
e così con il grado di capitano fu assegnato al 1° reggimento nel
treno d'armata, ed in seguito nello stato maggiore delle piazze presso il comando
militare di Porto Maurizio.
Venne collocato a riposo nel 1867. Un'altra indicazione porta la data invece
del 1872.
Un'ultima annotazione che sembra giusto riportare. Parte di quanto scritto deve
ancora essere verificato anche in relazione alle date. Come pure è da
registrare quanto riferì tempo fa la pronipote Giovanna Fasola Baruffino,
e cioè che Alessandro Fasola rivide Garibaldi nel 1866. Il condottiero
cercava ancora aiuto in cavalli e foraggi. Si incontrarono tra Prato e Romagnano
in mezzo ad una gran folla che aveva saputo di quell'arrivo. Il giorno successivo
fu lo stesso Fasola che portò a Borgomanero molti cavalli, foraggi e
grano, e glieli consegnò.
Ecco quindi in conclusione emergere la figura di un personaggio, che pur se
ancora da approfondire, ha lasciato un segno positivo nella storia delle nostre
zone, e di riflesso anche nella storia del nostro risorgimento. Generoso ed
altruista, Alessandro Fasola ha voluto dare quanto poteva in anni d'impegno
ed in denaro, a ciò che credeva fermamente, non mosso da secondi fini,
ma esclusivamente per la causa della libertà e dell'indipendenza italiana.