Sulla spinta della Rivoluzione francese Napoleone Bonaparte, nel marzo del
1796, intraprese la prima campagna militare volta alla conquista dell'Italia,
e dopo l'armistizio di Cherasco che lo vide vincitore nacque la Repubblica Cisalpina.
Dopo il breve intermezzo di fine secolo in cui le armate austro-russe rioccuparono
l'Italia, nel maggio del 1800 Napoleone affettuò la seconda spedizione
in Italia sgominando gli avversari nella celebre battaglia di Marengo del 14
giugno 1800. Mentre rinasceva la Repubblica Cisalpina, tutto il novarese e buona
parte della Valsesia (la parte sinistra del fiume), entrarono a farne parte
con il nome di "Dipartimento d'Agogna". Il Dipartimento
con i suoi confini rimase anche con la creazione della Repubblica Italiana nel
1802, ed in seguito del Regno d'Italia nel 1805. Fu soppresso solo nel maggio
del 1814 quando, sconfitto Napoleone, iniziò il periodo chiamato della
"Restaurazione".
Anche se l'obiettivo preminente del governo restauratore era quello di cancellare
tutto il periodo napoleonico ritornando agli "Ordini" precedenti,
apparve subito chiaro che - sebbene quel momento storico fu limitato a meno
di un ventennio - tutto quel breve lasso di tempo aveva inciso profondamente
nella struttura stessa della società civile, e ci aveva portati ad un
avanzamento culturale e sociale di non poco conto rispetto alla "staticità"
secolare precedente.
Basta un veloce sguardo all'imponente documentazione presente negli archivi
per rendersi conto di ciò che significò l'influenza rivoluzionaria
sul nostro territorio. Essa, sebbene fosse dettata all'asservimento militare
e politico alla Francia; sebbene provocò guerre, razzie, sventure e lutti,
ciò non di meno intratteneva in sé i germi di una nuova italianità
che ben si inserì nel progresso civile europeo.
Tutti i settori della vita pubblica ed economica furono coinvolti da quella
rivoluzione: l'agricoltura, l'industria, il commercio, la sanità, la
scuola, la giustizia ecc. L'impegno sanitario diventò nell'arco di pochi
anni uno dei campi più efficienti ed avanzati in materia, fondandosi
sul principio che la salute pubblica doveva essere un bene primario di tutta
la società. Le Commissioni Mediche Dipartimentali create durante il periodo
ebbero un ruolo determinante per le direttive sanitarie fin nei luoghi più
sperduti del territorio, ed i molti validi medici profusero un impegno senza
precedenti nella lotta contro le malattie, in special modo contro il vaiolo.
Esistono negli archivi le ottime relazioni del medico Guseppe Antonini di Varallo
(zio del futuro generale Giacomo) sulle diverse esperienze da lui avute nel
campo della lotta contro il vaiolo e la rabbia. L'Antonini - che fu anche responsabile
della vaccinazione per il Distretto di Mortara - giunse addirittura a compiere
una autopsia pubblica su di un bambino, al fine di dimostrare alla popolazione
le sue tesi mediche non accettate dall'opinione corrente.
A Romagnano erano invece i medici Ragni e Brugo ad essere in prima fila nella
lotta per la vita, e le loro relazioni formulano l'ipotesi che una delle cause
delle malattie contagiose poteva essere determinata anche dalla forte esalazione
emanata dai sepolcri della chiesa parrocchiale. Per questo motivo per un certo
periodo vennero spostate le funzioni religiose in altra chiesa: "i sepolcri
esistenti nella chiesa parrocchiale sono sì pieni, che in occasione delle
tumulazioni si dovettero col tridente smuovere i cadaveri precedentemente tumulati
per far luogo ad altri". Ragni era pure coinvolto - insieme al Giudice
di Pace Bianchi - al caso di epizozia, o morbo corboncolare che si verificò
a Stoccada di Cavallirio, dove il giovane Giacomo Silani rimase vittima cercando
di aiutare il proprio bue malato porgendogli "il braccio per ben tre volte,
come si usa generalmente nella cura delle bovine".
Il Silani entrando quel mattino nella stalla vide il bue sdraiato e sofferente.
Gli porse il braccio vicino alla bocca com'era usanza, per farlo rialzare, ma
non ce la fece ed il bue poche ore dopo morì. Qualche giorno dopo il
giovane s'accorse di avere una vescichetta sull'avambraccio, e di lì
a poco il gonfiore e l'infezione si allargarono a buona parte del corpo portandolo
in breve tempo al decesso. Ancor prima che il giovane morisse il giudice Bianchi
prescriveva al sindaco di Cavallirio la normativa per la sepoltura del Silani
da effettuarsi non oltre le sei ore dal decesso, e per il risanamento dell'ambiente.
L'impegno delle Commissioni Sanitarie si allargava quindi alle malattie degli
animali, e la loro trasmissione; e pertanto quindi, anche al controllo dei lupi
nel territorio. I lupi a quel tempo erano ancora abbastanza numerosi, come frequenti
erano gli assalti che compivano nei confronti dei bambini impegnati nella cura
delle greggi. Segnalazione di lupi avvenivano un po' ovunque, e di tanto in
tanto venivano organizzate intense battute di caccia come appunto a Sizzano,
Ghemme, Briona, Barengo, Fara, Valduggia, Cavallirio, Prato, Romagnano ecc.
Di alta drammaticità la relazione del Giudice di Pace di Borgomanero
del 29 maggio 1813, dove un gruppo di ragazzi di Revislate venne assalito da
un lupo affamato e inferocito, e la relazione del chirurgo del giorno dopo riassumeva
di aver curato tre individui aventi profonde ferite: "certa Domenica
Buschina (di anni 13) e di avervi rinvenuto nella medesima tutto il volto colli
guanciali lacerati cioè dalla tempia sino alla mandibola inferiore d'ambo
i lati non meno che la totale frantumazione della canabola nasale, estrazione
dell'occhio destro, e totale separazione del labro inferiore che li giudico
senza dubbio mortali".
In campo scolastico, se la media degli alunni frequentanti nel Dipartimento
era pari a 19,1 ragazzi ogni 1.000 abitanti, nelle nostre zone - anche se i
dati sono frammentari - la media risulta essere abbastanza elevata: nel 1802
le due scuole di Sizzano erano frequentate da 33 e 23 alunni, ed ancora di più
erano gli alunni delle due scuole di Carpignano. Da 40 a 50 alunni erano segnalati
a Boca, 70 a Grignasco, e 18 ad Ara nel 1810 (la cui scuola venne istituita
nel 1808). Vi erano scuole in ogni singolo paese, e per alcuni casi anche nelle
piccole frazioni come a Colma, Castagnola, Arlezze e Zuccaro.
L'insegnamento nelle scuole elementari era prevalentemente affidato a sacerdoti,
tranne in una scuola di Carpignano ed una di Sizzano. Si faceva scuola "due
volte al giorno a commodo degli abitanti, e per 10 mesi all'anno" come
spiega il sacerdote Zaninetti di Boca. Mancavano però quasi totalmente
le scuole per ragazze, e nel circondario erano segnalati il collegio convento
di S. Orsola di Varallo, ed il monastero di Grignasco dell'Istituto delle Figlie
della Carità.
Rilevante è l'aspetto di ordine pubblico e della giustizia in generale.
La documentazione su questi argomenti è molto consistente presso l'Archivio
di Stato di Novara, e ci fa conoscere la formazione delle Guardie Nazionali
fondate in tutti i paesi del Dipartimento, oppure i vari momenti tumultuosi
e di sommosse durante gli anni di maggior crisi politica ed economica. Gli avvenimenti
susseguitisi a Grignasco in seguito all'abbattimento dell'Albero della Libertà
misero in luce un sistema di carattere poliziesco, ma nello stesso tempo condizionato
da eventi di carattere politico locale.
In diversi luoghi avvennero gli abbattimenti dell'Albero della Libertà,
simbolo dei primi anni rivoluzionari, ma è verso la fine del periodo
napoleonico che si registrarono i maggiori avvenimenti tumultuosi: da Cellio,
a Varallo, a tutta la zona del borgomanerese, mentre a Borgosesia sorsero problemi
anche durante la sfilata carnevalesca del 1813.
Creò grossi guai di carattere poliziesco anche il confine di stato tra
il Dipartimento ed il Piemonte definito per legge dall'acqua del fiume Sesia,
ed è di un senso drammatico l'appello lanciato dai Municipalisti di Agnona
affinchè non fossero abbandonati alle sorti del Piemonte, e desiderosi
di continuare la loro vita con il legame borgosesiano e del Dipartimento.
Sotto il profilo economico si ha un quadro abbastanza interessante per quanto
riguarda le maggiori realtà produttive di tutta la striscia novarese
e valsesiana, dove appare evidente una maggiore industrializzazione verso la
Valsesia rispetto alla "bassa", caratterizzata invece da una
più incisiva presenza agricola.
C'erano fonderie e fabbriche di carta a Valduggia. Una di esse era di proprietà
del famoso pittore Giuseppe Mazzola. L'importante manifattura di calze di lana
di Varallo fondata nel 1806 e "per essere unica nel suo genere vi è
molto risparmio in quanto prima veniva spedito il materiale nel Biellese e quindi
si pagava due volte il dazio all'Impero francese". Inoltre le 7 concerie
sempre a Varallo, dove due di esse erano specializzate nella lavorazione di
pelli di camoscio, capre e montoni. In esse si lavoravano 7/800 pelli di camoscio
all'anno con la concia all'olio di pesce "com'è in uso in Inghilterra".
Le filande di seta di Borgosesia; 6 tintorie di lane a Cellio in cui però
si tingeva solo nei colori nero, castano, e pochissimo rosso; altre cartiere
a Roccapietra, Borgosesia e Cervarolo; le molte miniere di Alagna, Campertogno,
Boccioleto e Cravagliana. Ed infine le fabbriche di "Ribebbe"
o zampogne di Pietre Gemelle.
Di particolare importanza infine sono le statistiche dei paesi, in cui sono
elencati - oltre al numero degli abitanti suddivisi per sesso e anzianità
- anche la produzione annua delle colture agricole, i dati sul bestiame, il
numero dei cascinali, mulini e chiese. Da questi dati balzano agli occhi alcune
particolari caratteristiche come ad esempio Varallo, che pur con solo 2.805
abitanti, aveva 140 bottegai e 40 osti. Dato significativo di importante centro
economico e commerciale. Oppure i soli 2.560 abitanti di Borgosesia, meno di
Valduggia ed ancor meno di Cellio che ne contava allora 3.486. I paesi di montagna
risultavano abitati tre volte in più rispetto alla popolazione dei giorni
nostri, e Pietre Gemelle con i suoi 200 abitanti risultava interessante per
i dirigenti Dipartimentali, insieme a Rima e Rimella, per le comunità
Walser presenti.
Queste poche notizie relative al periodo del Dipartimento d'Agogna sono solo
dei "flash" sulla realtà di quel particolare momento
storico, ma hanno lo scopo di accendere o riaccendere l'interesse di un periodo
forse ancora un po' in penombra nella storiografia locale. Un periodo che, al
di fuori dei molti guai che ha certamente procurato, sarebbe antistorico definire
come negativo nel suo complesso.
L'APERTURA DEL "MOTTO DEL SASSO"
23 AGOSTO 1654
Per chi sale verso la
Valsesia, appena fuori dell'abitato di Romagnano incontra l'ultimo semaforo.
Se si svolta verso sinistra, dopo aver attraversato il ponte sulla roggia Mora
si va in direzione di Gattinara attraversando poi il ponte sulla Sesia. Se invece
si prosegue diritto si va verso Prato Sesia. Il confine tra i due paesi - sulla
destra - è proprio lì alla fine dell'impianto semaforico, e la
strada statale fa da confine longitudinale - a sinistra - ancora per duecento
metri. A destra quindi si è già sul territorio di Prato, mentre
a sinistra per tutta la lunghezza della Pettinatura Lane si è sul territorio
di Romagnano. Terminata la breve salita si entra in territorio pratese anche
sulla parte sinistra.
Se si potesse ritornare indietro nel tempo di qualche secolo si vedrebbe un
ambiente irriconoscibile rispetto all'attuale. Sul lato sinistro della stretta
strada sterrata dominava un paesaggio essenzialmente prativo (la costruzione
dell'opificio Bollati risale a poco prima della metà dell'Ottocento).
La zona era chiamata allora come adesso "Cerialli" Erano dei
prati ad alta resa perché completamente irrigati tramite canaletti che
estraevano acqua dalla Mora e dalla Sesia. Le coltivazioni però non erano
limitate al foraggio ma inframmezzate da altre importanti colture di quel tempo
ora non più prodotte. La più importante di esse era "l'avitato",
che non erano altro che vigneti sostenuti da alberi, in prevalenza cerisoli.
Non mancavano però le noci, ma soprattutto i gelsi a quel tempo molto
coltivati, non tanto per i frutti, ma per la coltivazione del baco da seta.
Si ricorda che nel 1813 a Prato erano segnalati ben 3.000 gelsi (2.500 a Grignasco,
5.000 a Romagnano e 4.000 a Ghemme). I bozzoli erano poi lavorati anche in paese
in uno stabilimento esistente già nel Settecento. I gelsi si trovavano
soprattutto lungo i confini degli appezzamenti e lungo le strade interne.
Per andare nella regione Cerialli bisognava oltrepassare il pontone di legno
posto sulla Mora. Ma oltre ai prati che si estendevano fino alla Sesia, in quella
zona vi era anche il mulino della ressiga o di ceriallo, il primo dei quattro
mulini presenti in quel breve lembo di terra.
Nella parte destra della strada invece i terreni si alzavano verso la collina
del Sopramonte, con già al piano della strada i vigneti della zona chiamata
Bolina. Salendo poi su di essa a toponimi cambiavano diventando Fusaro, Cantonetto,
San Rocco. Anche qui i terreni erano tutti coltivati a vigneto.
Dopo un breve tratto in leggera salita verso la Valsesia, la strada deviava
a sinistra perché davanti si trovava un costone roccioso che scendendo
dalla collina andava quasi a lambire le acque della Mora. Tutto quel costone
fin su in alto era chiamato il Motto del Sasso. Sotto di esso proprio nella
vicinanza della Mora vi era il Mulino del Sasso con la sua Pista da canapa presente
fin da 1526.
La strada quindi spostandosi verso sinistra andava a raggiungere il mulino del
sasso e proseguiva aggirando il costone roccioso. Risaliva poi lievemente entrando
in paese attraverso la via che costeggiava il filatoio. Fu sempre per secoli
un passaggio molto difficile quello intorno al motto del sasso, perché
bastava qualche pioggia in più per rendere impraticabile la strada già
di per sé stretta e sconnessa.
Fu proprio dopo l'ennesima inondazione che il 23 agosto 1654 i consoli pratesi
inviarono una richiesta al Contado di Novara spiegando che non vi è strada
per la quale si possi andare tra Romagnano per la Valsesia se non si monta un
gran sasso con qualche pericolo pè viandanti. Proponevano a questo riguardo
una soluzione mai pensata precedentemente, ed era quella di aprire un varco
attraverso il motto del sasso. Venne l'autorizzazione da Novara e così
il 16 novembre 1654 la comunità di Prato firmò un contratto con
due scalpellini di Maggiora per aprire il Motto del Sasso.
Joannes Peronus fil. Jo:Bapte et Simeon Maruchus fil. Bernardini ambo de
Mazoria ambo scalpellini, furono così designati dalla comunità
di Prato rappresentata da Carlo Genesi di romper il sasso che è al molino
di Romagnano detto il Sasso per far che venga la strada per mezzo detto sasso
nel modo e forma cioè
Che siano obligati sì come promettono a tutte loro spese di romper detto
sasso nel più basso di detto sasso dove si è determinato di (passare),
cioè romper di larghezza brazza cinque tutto il suo traverso (metri 3
circa) et di altezza brazza quattro e mezzi (metri 2,7 circa) e brazza quindici
di lunghezza (metri 9 circa) incominciando da domani et seguitare sino a tanto
sia fornito et che il piano che si deve fare per detta strada in detto sasso
da scarpellare come sopra sia ugualmente uguale e piana e questa per mercede
di lire cento cinquanta da pagarseli di mano in mano che faranno detto lavoro
giornalmente et finito il lavoro debbano esser finiti di pagare interamente
sì come il detto messer Carlo deputato promette di pagarli in vista di
un mandato fatto dal Contado di Novara diretto al signor Spinola thesoriere
di detto Contado fattoli per detto effetto con più che la Comunità
sia obligata a darli tutta la polvere che farà di bisogno per minar detto
sasso.
E più una brenta di vino giornalmente alla rata et anco di darli la mazza
di ferro et pali di ferro per romper detto sasso.
Dall'anno successivo tutti i commercianti e i viandanti che s'inoltravano in
Valsesia avevano l'opportunità di passare sotto un suggestivo arco di
sasso.
Percorrendo
oggigiorno
le nostre strade
e passando velocemente da un paese all'altro, nessuno di noi normalmente pensa
ed immagina, quali siano stati i problemi di un tempo quando ancora si dovevano
definire con chiarezza i confini territoriali di ciascuna comunità.
Anche se ora l'importanza è relativa per la comunità perché
ormai i confini sono delimitati e consolidati con certezza; questa importanza
è diventata addirittura nulla per l'individuo perché gli interessi
di vita sono completamente cambiati rispetto ad un tempo.
Ma proprio in quel tempo lontano era fondamentale la conoscenza dei diritti
e dei confini, perché essi contribuivano - in mezzo a tanta povertà
- al benessere di uno o più personaggi, e di riflesso anche all'intera
comunità. Così se un grosso appezzamento, se ben definito giuridicamente
portava dei benefici a colui che ne era diventato proprietario, di riflesso
anche la comunità nel suo insieme ne guadagnava grazie ai carichi fiscali
che ne incamerava. Oppure il piccolo o grosso appezzamento contestato di proprietà
comunale permetteva agli stessi abitanti di usufruirne i benefici utilizzando
le poche ma importanti risorse pascolive.
Da questo le innumerevoli contese sui confini delle comunità. Se poi,
oltre a queste "normali" contestazioni tra i singoli paesi, si aggiungevano
anche gli eventuali "diritti" determinati dall'uso di un qualsiasi
fiume che solcava le campagne, la faccenda dei confini si dilatava enormemente
coinvolgendo altre questioni ancor più importanti per la sopravvivenza
ed il benessere. I diritti sulle acque significavano soprattutto l'utilizzo
di esse per far girare le ruote dei mulini e delle piste da canapa. Significavano
la possibilità di avere forza motrice per l'eventuale piccolo stabilimento
per la lavorazione delle sete. Significava la possibilità di usufruire
dei prodotti che il fiume concedeva, in primo luogo del pesce, ma anche - va
ricordato - della stessa sabbia e sassi, materia prima per la costruzione delle
abitazioni. Significava i diritti di transito da una parte all'altra con la
possibilità di installarvi il "porto". Significava soprattutto
la possibilità di deviare parte dell'acqua utilizzandola per l'irrigazione
dei fondi, con conseguente grande guadagno in termini di produzione agricola.
I terreni con possibilità di irrigazione valevano - in termini monetari
- quasi il doppio di quelli senza quella possibilità.
Quindi le diatribe sui confini aumentavano se si era di fronte a dei casi in
cui vi era di mezzo anche un corso d'acqua. Figuriamoci se poi quel corso d'acqua
era parte delimitata di un confine, oltre che di paese, anche di uno stato verso
un altro, come era appunto il fiume Sesia nei secoli trascorsi. Differenza tra
singoli paesi, e differenza tra lo stato di Milano e quello dei Savoia. Ogni
singolo luogo aveva costantemente discussioni con il luogo confinante, e solo
per rimanere nella bassa Valsesia è facile trovare documenti relativi
alle questioni teritoriali tra Ghemme, Romagnano, Lenta, Ghislarengo, Gattinara,
Carpignano, Prato, Vintebbio ecc. Vertenze contemporanee ed incrociate tra di
loro che si trascinarono, non per anni, ma per secoli, prima di giungere alla
finale definizione di cui ora noi godiamo i risultati, pur non essendo a conoscenza
di quale fu la strada che portò alla conclusione di quelle lunghe contestazioni.
Per quanto riguarda il
fiume Sesia già gli Statuti di Novara prevedevano diverse norme relative
alle acque di una roggia che si estraeva nel XIII° secolo nei pressi di
Romagnano e che in seguito, con l'apertura di un nuovo cavo presso Prato, venne
ridefinita come roggia Mora.
Prima del 1500 da uno stesso luogo sul fiume Sesia, tramite una chiusa, si estraeva
l'acqua per i mulini: sulla sponda destra si diramava la roggia di Gattinara
per i mulini di quella comunità. Sulla sponda sinistra si diramava la
roggia di Prato e Romagnano per i suoi mulini. Non potevano andare d'accordo
perché con la stessa chiusa bastava poco a far scendere più acqua
verso una roggia rispetto all'altra. Vennero fatte altre derivazioni con l'intento
di far cessare le controversie, che però continuarono, non solo tra i
due paesi, ma coinvolgendo la Regia Camera di Milano che contestava a Romagnano
il diritto di estrarre l'acqua dalla Sesia. La controversia fu sanata tramite
il cospicuo pagamento di mille scudi a favore di Milano, e con l'obbligo - dopo
l'utilizzo dell'acqua per i mulini - di farla rientrare nella Sesia.
Vi furono negli anni successivi altri interventi nel fiume con la costruzione
di nuovi cavi e derivazioni, che tendevano a portare con maggiore facilità
l'acqua nei luoghi di utilizzo, e ad ognuno di questi interventi seguivano denuncie
delle rispettive comunità volte a salvaguardare i propri interessi. Non
solo ma periodicamente avvenivano le solite esondazioni che cambiavano il corso
del fiume, ed anche questi cambiamenti riproponevano i problemi relativi al
miglior utilizzo di questa importante risorsa. Talune volte il parziale cambiamento
del corso d'acqua era "provocato" appositamente, per cui bastava
che fossero posti dei ripari su di una sponda per la salvaguardia dei terreni,
che la corrente dell'acqua determinava sulla riva opposta problemi di erosione
per altri terreni. Tutti questi interventi, provocati dall'uomo o dalla natura,
distruggevano terre da coltivo, oppure ne facevano emergere altre determinando
nuove contestazioni sulle proprietà.
Uno studio approfondito su tali divergenze non risulta essere mai stato fatto,
sebbene risulti evidente l'importanza storica che può rivestire una maggiore
conoscenza sulla formazione delle comunità. Inoltre la lettura dei documenti
porta ad altre importanti conoscenze, talvolta non legate al problema dei confini,
ma che però ci aiutano a conoscere parte di un sistema di vita di un
epoca lontana. Lontana anche dalla nostra immaginazione.
A questo proposito torna utile come esempio, la deposizione di un personaggio
fatta in occasione di una indagine effettuata nell'anno 1686, il cui scopo era
quello di chiarire con qual mezzo, e da chi sia stato divertito il corso ordinario
del fiume Sesia.
Si è essaminato Giò: Paulo Caura del luogo di Romagnano abitante
in Gattinara da anni tre e mezzo in qua il quale suo giuramento mediante prestato
toccare corporalmente le scritture in mani del sudetto signor Podestà,
ha deposto come segue.
Io come nativo di Romagnano
ove ho sempre fatta mia habitazione, eccetto che dal suddetto tempo in qua,
mi raccordo benissimo sino dalla mia fanciolezza che il fiumme Sesia osia tutto
il grosso di detto fiume passava attiguo al logo di Romagnano, et toccave le
mura del medesimo, ove sono le case di tal M. Carlo Brugho Michelino del signor
Giorgio Adda per accompra fatta dal signor Francesco Brucho sovranominato Righetto,
eredi del fu signor Filippo Mostino, et signor Carlo Tittone, et la barcha,
qual'era tenuta dalla comunità di Romagnano sopra la Sessia per il transito
della medesima era al di sotto della casa di detto signor Tittone, ove ancor
oggidì si vede un grosso anello piombato in un grosso sasso sotto un
torione - ora proprio del signor Ducca Serbellone, al quale anello si attaccava
la sudetta barcha, e quando li passeggeri sbarcavano da detta barcha entravano
subito in Romagnano per la porta principale cui si va in piazza del detto luogo
et presentemente ove era il detto letto della Sesia vi è il navilio chiamato
della Marchesana, che va alla volta di Vigevano, et prima che detto fiume Sesia
giongesse sotto le mura di Romagnano - passava sotto li archi d'un gran ponte
antichissimo superiore al luogo di Romagnano il tirro di una moschettata in
circa al dirimpetto d'una chiesa campestra detta la Madonna di San Giacomo attigua
alla strada chiamata di Valsesia; et sò et mi raccordo precisamente che
dal sudetto tempo della mia fanciolezza il detto fiume Sesia ha seguitato à
tener il sudetto corso da me sovradescritto per moltissimi anni sino à
che dieci otto, o venti anni circa sono; cominciò a fare qualche nova
apertura contro la collina chiamata la costa di San Lorenzo, ove la comunità,
et homini di Romagnano possedono quantità de beni, et ove di principio
vi è l'alveo novo della roggia di questa comunità, et in progresso
di qualche tempo si portò tutto il grosso del fiume verso Gattinara -
corrodendo, et asportando quantità delli terreni vignati di quelli di
Romagnano, sendo che dal sudetto ponte o siano archi sovra descritti venendo
verso la sudetta costa di S. Lorenzo et ove presentemente vi è la barca,
e sono tutti fondi vignati di Romagnano, o sia de particolari di detto luogo,
e più so che ha corso, et asportato parte d'un prato chiamato di S. Giacomo
di Gattinara, et successivamente diversi altri prati de particolari di Gattinara
- et nella regione detta delle Saladine, et in parte anche coroso, e isolato
un prato detto del Mostino di Romagnano essistente in detta reggione delle Saladine,
in qual prato vi era una fabbrica di muraglie ò sia cassina propria del
signor Filippo Mostino - la quale è stata con bona parte di detto prato
asportata intieramente che più non vi è di vestigie - sendosi
detto fiume dirimpetto al detto luogo di Romagnano discostato per la fuga di
trabucchi ducento circa dal sudetto primo alveo vecchio. Sò parimenti
che quando il fiume Sesia passava ancora contro il sudetto luogo di Romagnano
nel luogo et alveo da me sopradeposto si diceva pubblicamente in detto luogo
di Romagnano che li terreni, quali erano oltre il fiume verso Gattinara erano
dell'indubitato Dominio della Giurisdizione di S.A.R., et che sia la verità
mi raccordo parimente che anni venti due, o venti tre sono circa fa, fu bandito
da Romagnano Carlo Rinolfo detto per sovra nome del homo grosso in tempo che
il fiume Sesia passava ancora contro il suddetto luogo di Romagnano, il quale
non potendo perciò stare à casa sua in detto luogo si ricoverò
di qua della sudetta Sessia sovra un zerbo, qual hoggidì si chiama Isolone
Superiore, atteso che resta tra l'alveo sudetto vecchio, et il novo della Sessia,
in qual zerbo detto Carlo Rinolfo si fabbricò due capanne contigue, in
una delle quali dormiva, et nell'altra mangiava, et stava nelle medesime con
ogni sicurezza tanto di giorno che di notte, come sopra la Giurisdizione indubitata
di S.A.R. alla saputa, et veduta di tutto Romagnano, et dalla giustitia del
medesimo luogo, anzi detto Rinolfo si mise a roncar parte di detto zerbo, et
piantarvi dentro una vigna, come poi hanno fatto anche altri particolari nel
resto di detto Isolone. Et seguitò detto Rinolfo la sua abitatione in
detta cappanna quietamente per il spatio d'ondeci anni circa, doppo quale in
tempo che il grosso della Sessia era già voltata di qua, et formato detto
Isolone, un giorno all'improvviso due consoli di Romagnano con tre soldati di
giustitia del medesimo luogo si portarono alla capanna di detto Rinolfo in tempo
però che il medesimo non vi si ritrovava dentro, et distrussero dette
capanne, e bruciando la paglia che le copriva, et io me ne ricordo precisamente
perché io vi concorsi con molte altre genti di Romagnano per curiosità,
ma stante che dal canto di S.A.R. di Savoia furono fatte molte doglianze toccanti
la sudetta distruzione delle capanne come che si trattasse di violata giurisdizione,
mi raccordo che venne poi ordine da Milano che si dovessero fare riffare dalli
consoli di Romagnano dette capanne, come così fu esseguito, et so che
doppo che furono rifatte le suddette capanne il predetto Rinolfo continuò
ancora ad habitar nelle medesime in qualità di bandito senza esser mai
più stato molestato, et ora saranno sette, o otto anni circa che il medesimo
sta liberamente in Romagnano come liberato dal bando non sapendo però
io precisamente se sia stato assolto, nè graziato, et di quanto ho sovra
deposto ne rendo anche maggiormente causa di scienza, perché io stesso
possedo anche un terreno qual ho vignato poco discosto della vigna del sudetto
Rinolfo da me sopra descritta, et con occasione di travagliare in detta mia
vigna mi son trovato più volte in compagnia del sudetto Rinolfo mentre
ancora era bandito, et quando le furono distrutte le sudette capanne io cominciavo
a piantar la mia vigna, et indi doppo che furono rifatte sendo tutta via bandito
il sudetto Rinolfo, ho dormito seco alcune volte in dette sue capanne, et oltre
di ciò di tutto quanto sopra nè publica voce, e fama è
cosa notorissima nel luogo di Romagnano. Depongo in oltre che il sudetto Carlo
Rinolfo dopo che si è retirato novamente in Romagnano attende a fare
delle chiuse, e stellonere con pietre, e fassine sopra il fiume Sessia, di quali
si serve per pescare, se bene tali opere causano puoi la diversione del fiume.
Et io stesso sabato scorso dieci nove del corrente in occassione che anday da
quel luogo sino alla barcha incontraj detto Carlo Rinolfo con Giò: Antonio,
et Silano suoi figlioli carighi di fassine di qua della Sessia che venivano
di verso del prato sudetto di Mostino nella ragione delle Saladine, et havendoli
io chiamato cosa vollevano fare di dette fassine, il detto Rinolfo mi disse
che volleva fare una stellonera sopra la Sessia per il che io li dissi che havrebbe
fatto querelar quelli di Gattinara, ma esso rispose di non curarsene, et in
fatti viddi poi che passarono tutti tre la barcha, et si portarono in un braccio
di detta Sessia, ove prima dell'ultima crescenza vi era un grosso di detta Sessia,
et si missero a formare una stellonera con sassi, et dette fassine - et anchora
hieri doppo pranzo sendo io andato alla Sessia per andar alla barcha ho veduto
che detti pade e figlioli Renolfi travagliavano ancora a far detta stellonera
rimpetto al prato sudetto chiamato della Confraria di San Giacomo di Gattinara.
In oltre depongo saper et esser vero per quanto ho sentito dire pubblicamente
per Romagnano anche dalle persone più vechie del medesimo luogo che il
dominio e giurisdicione di Sua Altezza Realle di qua della Sessia non solamente
abracia tutti li beni delle comunità e suditi di S.A.R.; e così
li beni della comunità e particolari di Gattinara, ma eziandio li beni
che sono poseduti dalli particolari e comunità di Romagnano Prato, e
Sopra monte di qua della Sessia e fra li altri li beni della costa di San Lorenzo
che per antiche transazioni o sentito dire che sono stati assignati da questa
comunità di Gattinara a quella di Romagnano, Prato, e Sopra monte, ne
mai da mio ricordo in qua ho sentito che la comunità di Romagnano habbi
preteso come ne tan poco la giusticia di detto luogo che li beni situati di
qua della Sesia da detta comunità e particolari l'espettino per ragione
di finaggio e giurisditione, ma solo per raggione di dominio e posa privata
et questo è quanto.
Sovra le generali interrogato.
Risponde Sono d'etta d'anni quaranta otto circa et per dire il vero io precisamente
sono bandito dal sudetto luogo di Romagnano, e però mi son refugiato
in Gattinara, ma quanto ho sopra deposto non l'ho deposto per alcun livore,
ma solo perché è la pura, e mera verità et è cosa
più che nottoria, et dopo che son in Gattinara vado quasi tutti li giorni
sino alla barcha, quale presentemente è posta sopra il primo termine
che divide li beni di Romagnano che sono nella costa sudetta, da quelli di Gattinara
per miei bisogni et massime per vender del pane che mi facio portare da Romagnano
senza che alcuno mi habbi mai molestato, né mi molesti - Anzi dopo che
mi sono qui retirato in Gattinara, non ho mai sin hora lasciato di andare à
travagliare in detta mia vigna situata nel sudetto Isolone presso quella del
sudetto Rinolfo, passando però la Sessia scalzo et non sovra la barcha,
et ho sempre retirato, et fatto condur di qua la vendemia, e frutti di detta
mia vigna, et vedenti tanto il suddetto Rinolfo che altri particolari di Romagnano
senza il minimo impedimento ne molestia di alcuno. E solo doppo che quelli di
Romagnano hanno preso li bovi a due bovari di Gattinara che conducevano delle
pietre per riparare la roggia di questa comunità ho havuto, et ho qualche
aprensione che mi sia fatto qualche insulto, o violenza massime andando io sempre
disarmato, come che le armi sono prohibite in questi stati di S.A.R. ne io mai
sin hora ho cercato nè procurato alcuna licenza di portarle sendo di
mia professione huomo di campagna, et vivo dè miei travaglj et per esser
illiterato ha fatto il seguente segno +
Alcune brevissime spiegazioni:
Essendo il fiume Sesia linea di confine tra lo Stato di Milano e quello di Savoia,
il Carlo Rinolfi inseguito di mandato di cattura per homicidij, si era
rifugiato sull'Isolone Superiore sotto la giurisdizione dei Savoia. Dopo la
costruzione della propria capanna aveva iniziato la coltivazione del vigneto
in quell'impervio terreno sabbioso, seguito poi da altri romagnanesi. Anche
lo stesso Paolo Caura come si è visto era bandito, e bastò attraversare
il fiume per portarsi in salvo.
Per quanto riguarda le "chiuse scillonere", esse servivano
per la pesca. In un determinato ramo del fiume facevano dighe con sassi a monte
e a valle del luogo prescelto, mettendovi anche molte fascine; i pesci sentendo
il calo dell'acqua risalivano la corrente andando ad intrappolarsi tra i rami
delle fascine.
Anche la deposizione dello stesso "bandito" Carlo Rinolfo, effettuata
addirittura undici anni prima - nel 1675 - di quella di Caura, riveste di una
certa importanza, e nella parte iniziale di detta relazione si può leggere
che in mezzo ad una vigna piantata in detto Isolone due piccole capanne coperte
di paglia pocho distanti l'una dall'altra riguardanti l'una verso il luogho
di Romagnano, e l'altra verso quello di Gattinara.
Io sono Carlo Rinolfo nativo
del stato di Milano, quivi ricoverato per non poter vivere in detto stato dalla
giustizia dal quale son stato bandito per certo omicidio da me commesso.
Interrogato da quanto tempo in qua egli stij ricoverato in detta capanna, e
se stando in essa habbi mai ricevuto molestia da alcuno.
Risponde: Io mi sto ricoverato da anni dieci, e più in qua e sin del
tempo quando li signori avvocati Gonterij e Cassado si portarono in coteste
parti per certe differenze che vertivano di confini tra la comunità di
Gattinara, e quella di Romagnano che credo fosse dell'anno 1667, se pur non
erro il quale signor Cassado mi vidde in questa capanna dove hora mi trovo ne
mi disse cosa alcuna sapendo come credo che io ero nel finaggio di S.A.R. ne
mai quivi ho patito molestia alcuna salvo che verso la fine dell'hor scorso
mese di settembre che sendosi gittati alcuni uomini di Romagnano di voler portarsi
a furor di popolo à dar il guasto à certa meligha seminata dalli
uomini di Gattinara in un Isolone Inferiore al presente, ed anche distrugger
questa capanna, io che temevo facessero qualche danno alla vigna ò sia
alteno da me piantato diedi ordine alli miei figlioli che la distruggessero
loro sin tanto che fosse cessato il suddetto furore, ed infatti sendosi portati
per distruggerla, et avendola ritrovata atterata se ne ritornarono per li fatti
loro è di lì a qualche tempo l'ho tornata à ristaurare
e sarà più d'un mese che mi dimoro dentro senza molestia d'alcuno.
Interrogato se quelli di Romagnano sappino che detta capanna è stata
ristaurata.
Risponde: Lo sanno benissimo perché come l'Ill.ma vede io sto in vista
delle case loro. Sovente vi passano persone di detto luogho che mi vedono, oltre
che li miei figlioli vanno, e vengono giornalmente da Romagnano per portarmi
il cibo, scienti e videnti pubblicamente gli uomini di detto luogho.
Sindicato della Comunità di Cavallirio
1653 – sabato li 27 del mese
di ottobre nel territorio di Cavallirio cioè nel prato di Santa Maria
Sopramonte apresso la chiesa parochiale, et nel loco solito dove si sole congregar
il Sindacato qui scritto come a basso et
Nanti il signor dottor Giò Leonardi Vice Podestà di Romagnano,
et Marchionato
Congregati il popolo del medesimo loco doppo il vespero nanti come scritto d’ordine
di detto Signor Vice Podestà, et at istanza delli Consoli Lorenzo Scolari,
et Domenico Luotto detto Bozzo, et Consiglieri di detto loco nella forma solita
per aviso datto questa mattina, et avanti il vespero da detti Consoli sopra
il cimiterio di detta chiesa per far la mutatione e nuova nomina delli Consoli,
et consiglieri del triennio prossimo avenire 1654, 1655, 1656 et per altri bisogni
della Comunità di detto loco si sono trovati li sottoscritti cioè
Domenico Luotto Bozzo
Carlo Scolari fu altro Carlo
Silano Sartore
Bartolomeo Ranzino
Bartolomeo Cavalazzo
Rocco de Silano consiglieri
Antonio Binello
Filippo di Silano
Domenico
Antonio Maria? Bargeri
Bertollino
Pietro Andriolo
Pietro Vercellotto
Pietro Scolari fu Giovanni Battista
Diledo Sartore
Rocco de Silano fu Antonio
Bernardo Angelotto
Antonio Luotto
Filippo de Silano figlio di Steffano per detto suo padre
Antonino de Rocco di Sisto
Zanino di Rocco di Silano
Domenico de Silano fu Paolo
Giuseppe Sartore
Gaudenzio di Silano detto Guencetino
Giovanni Battista di Silano fu Gaudenzio
Antonio Martinetto
Gio Batta Martinetto detto Garaccio
Steffano di Silano fu Antonio
Antonio Gaudrino
Pietro Scolari fu Giacomo
Lorenzo Scolari
Domenico Cominazzo fu Battista
Giovanni Cavalazzo
Giorgio del Sartore
Gaudenzio Sartore
Bartolino Prinetto
Giovanni Maria del Sartore
Pietro Tinello fu Guglielmo
Antonio Tinello
Lorenzo di Marco
Gaudenzio Gaudrino
Tommaso della Ferrera
Battista Viola
Antonio Ferlotto
Battista Gaudrino
Bartolomeo Martinetto fu Giuseppe Battista
Hercolino Zanne
Tutti particolari di detto loco
maggiorenni d’anni 25 padri di famiglia eccetto detto Filippo di Silano
censiti con detta Comunità, et che rapresentano la medesima Comunità
è sono due parti delle tre anzi più di due parti delle tre dell’interessati
con detta Comunità ne quali vi sono li maggiori estimati ancora
Nel qual loco proposto dal detto Console Bozzo, è consiglieri haver fatto
chiamare il Sindicato per la mutatione del Conseglio come sopra è stato
datto nelle mani del sudetto Signor Vice Podestà dal detto Consiglio
una lista delli nominati Consoli, et consiglieri di detto triennio, nella quale
sono descritti li sottoscritti cioè
Domenico Cominazzo fu Battista
Giovanni Cavalazzo
Pietro Vercellotto
Lorenzo di Marco
Gaudenzio Caudrino
Gaudenzio Sartore
Pietro Binello fu Antonio
Antonio Caudrinosteffano di Sillano fu Battista
Gaudenzio Silano fu Battista
Giò Battista Martinetto fu Gaudenzio, et
Bernardo Angelotto
La qual lista letta ad alta voce
da me infrascritto Notajo, né essendo stato opposta cosa alcuna, ne ad
alcuno delli sudetti nominati sono stati tutti admessi, et aprovati per Consoli,
et consiglieri per detto triennio come sopra.
Deputandogli come gli deputano per Procuratori generali della medesima Comunità
con autorità opportuna di regere, administrare, governare, è diffendere
le raggioni, et interessi di detta comunità in detto triennio facendo
però sempre à tutto loro potere l’utile di detta comunità,
et tralasciandoli inutile governando con ogni fedeltà, et diligenza possibile,
à quali dando ancora autorità di poter fare qualsivoglia acordo
con qualsivoglia patto, et condizione giudicaranno necessarj in qualsivoglia
titolo di contratto et per questo obligar li beni della comunità di detto
loco.
Et perché conforme il solito si sol fare la subdivisa tra di loro dodeci
consiglieri per governar sei mesi con (due) titolo di Consoli, et li altri dieci
asistere in Conseglio quando si ha da congregare per negocj urgenti, et di consideratione,
et proveder a bisogni di quelli hanno fatto dodeci boletini, et quelli gettati
in un capello, et fattone levar fuori doi da un figlio quali habbino da esser
li Consoli de primi sei mesi dell’anno prossimo a venire 1654 sono venuti
fuori per Consoli li bolittini delli sottoscritti cioè
Domenico Cominazzo fu Battista
Gaudenzio de Silano fu Battista
Li altri poi non si sono estratti
lasciando, che il Conseglio finiti li primi sei mesi facci lui tirar alla sorte
per li sucessori suseguentemente conforme il solito.
Doppo fatto questo hanno fatto una gionta de Capitoli, et Ordini alli ordini
della Comunità di detto loco quali letti, il detto Sindacato, non essendo
stato contradetto cosa alcuna, quelli hanno admesso, et aprovati ed osservar
prometono, come admettono et approbano in tutto, è per tutto i termini
come a basso.
Ordini e Capitoli agiunti nel presente Sindicato per il buon governo della Comunità di Cavallirio fatto il dì 27 dicembre 1653.
1° - Che si debba guardar le
bestie forastiere, et in particolare le pecore aciò non danegiano, né
pascolano ne luoghi comuni, et particolari, et a tutti li dannificanti forastieri
sotto pena per ogni persona di soldi 10 et caduna altra bestia di soldi 30 per
caduna, et caduna volta et cadun particolare forastiero di soldi 50, et caduna
barozza di L. 4, et caduna somma (soma n.d.a.) L. 3.
2° - Che niuno possi fa erba nelle altrui vigne, sotto pena di soldi per
caduna volta, et cadun mauletto d’esser aplicata divisivamente un 3°
alla Carità della Confraternita di S. Spirito di detto loco, per un 3°
alla Comunità, et un 3° al oltre li danni.
3° - Che niuno possi ne stramare, ne tagliar flichie, è legni, ne
boscare sopra il comune fuori del teritorio desegnato, et fuori del tempo limitato
sotto pena come nelli Sindicati passati, cioè de soldi 4 per caduna volta,
et caduno confirmando altri detti Sindicati et Ordini sopra ciò fatti.
Che si debba imponer caricha de soldi 6 ad ogni particolare habitante, et che
habitarà nella terra sudetta che non habia estimo cominciando dal primo
del anno seguente 1654, et continuando ogni anno, et così alla ratta
del tempo, et questo per modo di provisione sino ad altra dichiaratione conforme
dispongono li Ordini Reali per la parte personale.
Che si debba far per patto espresso al Camparo, che debba guardar li forastieri
dannificanti con pecore bestie et tagliar strame, et che niuno possi vender
strame à forastieri, et debba guardar il streglio et altri boschi, et
le bestie della guarda per tutto il mese d’agosto seguente, et sia sotto
pena al detto Camparo, et danni della Comunità.
Che debbano far fare un registro, o catastro dell’estimo una copia netta
per poter descrivere li beni delli particolari al capitolo nono del Comune per
saper distinguere li estimi esigibili.
Che si debba cercar, accordar, et mantener un R. Capellano per la messa à
conto della Comunità annullando li deputati fatti per il passato, et
dare autorità alli Consoli per fa qualsivoglia istrumento de beni della
Comunità, et partecipatione di tutto il Consiglio, o almeno della magior
parte.
ORDINI – anno 1604
della Communità di Prato intorno al buon governo di essa, & contro
li dannificanti
Prima, che secondo la loro antica usanza ogni trè anni à Calende
di Genaro, ò nelle feste di Natale si faccia il Sindicato, al quale ogni
habitante domandato dal servitore del Comune si debba ritrovare per ellegere
dodeci Consiglieri, quali habbino à reggere, & governare detta Terra
sotto pena di un scudo, & tali così elletti per Consiglieri non possino
ricusare tal carico senza causa legittima, & approvata dal Giudice sotto
la medema pena quali Consiglieri essendo richiesti à ritrovarsi in consiglio
per trattare le cose pertinenti à detta Communità debbano ritrovarsi,
& adunarsi in consiglio senza arme, ò bastone sotto pena d’un
scudo d’oro per ogni volta, & per ogni persona, che contravenerà,
& che in detto consiglio niuno debba provocare à rissa l’altro,
né mentire, né ingiuriare, ò con fatti, ò con parole
sotto pena de scudi dieci per caduna volta. In oltre che essendo il consiglio
congregato, niuno, che non sia di consiglio, debba entrare in consiglio per
sturbarlo, né con arme, né senz’arme, né debba minacciare,
ò usar atti insolenti, ò indecenti, ò parole inhoneste
ad alcuno del consiglio, sotto la medema pena di scudi 10 per ciascuno contrafaciente,
& ogni volta che contravenerà, qual pene siano per un terzo applicate
all’Officio del Sig. Podestà, gli altri doi alla Communità
di Prato.
Secondo, che ogni anno al principio dell’anno si debba incantare il molino,
le forne, & torchij, & altre entrate della Communità di Prato,
& deliberare à chi farà miglior oblazione, dando però
in tal atto detto incantatore idonea sicurtà in detta Terra di Prato,
& del luogo istesso, che piaccia à detti huomini del consiglio subito
deliberato detto incanto, di pagare di mese in mese anticipatamente l’incanto
in mani del caneparo, overo de chi sarà stabilito dal detto consiglio,
& di non innovare cosa alcuna à quelli che anderanno à detti
forni, torchi, & moline, sotto pena de scudi dieci per ogni volta, &
che niuno habitante nella Terra, & Territorio di Prato possi andare, ò
mandare à macinare niuna sorte di grano ad altro molino, che al molino
della detta Communità di Prato, ne meno cuocer pane ad altri forni, che
di detta Communità di Prato, ne torchiare, ò caspiar uve ad altri
torchij, che delli torchij di detta Communità nominati di S. Spirito
di Prato, sotto la pena de scudi doi per ciascuno contrafaciente, & per
caduna volta applicandi per li doi terzi al detto incantatore, e l’altro
all’officio del Sig. Podestà, & che ogn’uno possi accusare,
& sia creduto col suo giuramento, mentre però detti molinari, fornari,
& torchieri richiesti non ricusano di macinare, torchiare, & cuocere
pane, in qual caso detti ricusanti incorrono nella medema pena, applicando per
li doi terzi alla Communità, & l’altro all’officio sudetto,
& che detto torchiero spantegando vino, lo debba pagare; che l’incantatore
che pigliarà le accuse all’incanto non possi appatare, ò
accordare alcuna persona di qualsivoglia sorte, che vada à pascolare
le bestie in alcun luogo del Territorio di Prato, & contraffacendo incorra
nella pena d’un scudo per caduna bestia, & caduna volta, applicando
per un terzo all’officio, gli altri doi alla Communità, & accusatore,
qual sij creduto col suo giuramento, & nella medema pena incorra colui,
che si apparatarà, ò accordarà con detto incantatore, ò
campari deputati, applicandi utsupra, & che si presti fede ad ogni accusatore
col suo giuramento. In oltre, che l’incantatore delle accuse sia tenuto
ad essequire, & esigere l’accuse da quindici in quindici giorni, &
passato detto termine siano nulle, & nondimeno sia obligato pagar detto
incanto. Che non sia lecito ad alcuna persona misurar vino in detto territorio
di Prato senza licenza dell’incantatore, sotto pena di mezzo scudo per
volta, applicando utsupra.
Terzo, che gli Consoli, & Consiglieri possono ellegere ogni anno uno camparo,
ò più come gli parerà espediente, che guardi li beni dalli
dannificanti, & accusi tali dannificanti, giurando prima esso camparo, ò
campari così elletti nelle mani del Giudice ordinario d’essercire
detto officio fedelmente, & non accusar alcuno indebitamente, & di non
portar rispetto ad alcuno, & tal camparo, ò campari così deputati,
& giurati siano creduti, come anco il statuto di Novara, sotto qual si regano,
dispone, che detti campari per se, ne per suoi di casa non possino mandare le
loro bestie nel territorio di Prato contro la forma delli infrascritti ordini,
sotto la pena di mezzo ducatone per caduna bestia, & caduna volta, &
il simile s’intende de detti incantatori delle acuse, quali da ogn’uno
possino esser acusati col giuramento, & creduto gli sia, sotto la medema
pena, applicata per un terzo all’officio, gli altri doi terzi alla Communità,
& accusatore, che detto camparo, ò campari, ò incantatore
non possino dar licenza ad alcuna persona forastiera di qualsivoglia sorte di
tagliar bosco legna di qual sorte si sia, ne di pascolar bestie, tanto grosse,
quanto minute sopra il Territorio di Prato, sotto la pena de scudi dieci per
caduno camparo, ò incantatore, & per ogni volta, applicando utsupra,
qual sia creduto col suo giuramento. Che detti campari, ò camparo, che
non anderanno fuori di continuo per il Territorio di Prato à guardare
detti beni, & fare il loro officio, incorrino nella pena d’un ducatone
per ogni volta, applicando all’incantatore delle accuse, oltre la resarcione
del danno verso la Communità, & dannificati. Che il camparo deputato
alla guardia delle vigne, non possa portare, ne far portar fuori di esse vigne
alcuna sorte di frutti, ò uve, ne legna, sotto la pena se sarà
di giorno, de lire trè imperiali, & se sarà di notte d’un
scudo applicando utsupra oltre il danno del padrone, & sarà creduto
all’accusatore col giuramento. Ne meno possi detto camparo menare con
lui alcuna persona per dette vigne, sotto pena de soldi quaranta per caduna
volta, applicanda utsupra. Che non solamente detti campari siano creduti col
suo giuramento, mà anche ogni Terrero con detto giuramento, contro li
forastieri, per l’inventione faranno de detti forastieri, ò loro
bestie trovate dar danno nelli beni situati nel Territorio di Prato. Che detti
campari siano obligati à tutti li danni, che si troveranno fatti, &
datti sopra il Territorio di Prato, caso non trovino il malfattore, qual siano
obligati ad accusarlo, & dar idonea sicurtà nell’atto di tal
deputatione d’osservar questi ordini, & di pagar le pene, & danni
datti. Che non anderà fuori col camparo essendo domandato d’esso
à far la guardia per roita, incorra nella pena di mezzo scudo per volta,
à qual guardia siano tenuti tutti per gli huomini da lavoro andar fuori
uno per giorno, se bene fossero quattro, ò cinque, ò più
di una casa, applicando per un terzo all’officio, gli altri doi terzi
alla Communità, & accusatore, qual sarà creduto col giuramento.
Che detti campari non possino dar licenza di far cazze de tordi in possessioni
non sue, sotto pena d’un scudo per caduna volta, applicandi utsupra. Che
detti campari non possino fare alcuno accordio con li dannificanti, & de
duoi scudi per volta applicandi utsupra.
Quarto, che niuno Terrero alle feste di Comandamento ardisca mandar à
pascer bestie, ne grosse, ne minute nelli beni domandati in convento Territorio
di Prato, che s’intenda da Santo Sebastiano in su, & dalli prati del
Isola in dentro, & dalli prati di Carogna tutti in dentro, & dalla Cabianca
in giù, sotto pena de soldi dieci per caduna bestia, & per caduna
volta, applicandi alla Communità di Prato oltre il danno; & che solamente
le bestie, che lavorano alla campagna possino pascolare gli giorni da lavoro,
& le altre nò sotto la medema pena applicando utsupra. Che per qualunque
bestia sarà trovata dar danno in altri campi, prati, & possessioni
di qualsivoglia sorte, il padrone di dette bestie terrero sia tenuto pagar soldi
cinque per caduna bestia, oltre il danno del padrone, & questo s’intende
anco per li prati del Valio, chi segara herba in parte di altri incorra nella
pena de lire trè imperiali per caduna persona, & caduna volta, se
sarà di giorno, & se sarà di notte, sotto la pena de doi scudi
applicando per un terzo all’officio, & li altri doi all’accusatore,
& Communità oltre il danno. Che passata la festa di S. Iacomo alli
25 Luglio niuno terrero possi far herbe nelle vigne, & campi d’altri,
sotto la pena de soldi vinti per caduna volta applicandi utsupra. Che trovandosi
porci nelle possessioni d’altri in qualsivoglia luoco, & tempo, sia
tenuto il padrone di tal porco pagar un mezzo scudo alla Communità per
volta, & per caduno porco, oltre il danno del padrone, & che il capo
di casa sia tenuto per tutti li danni dati, & pene imposte in tutti questi
soprascritti, & infrascritti ordini dalla sua famiglia di casa, ò
servitore.
Quinto, che qualsivoglia persona forastiera, che mandarà, andarà
ò farà pascolare bestie di qualsivoglia sorte sopra il Territorio
di Prato, incorra nella pena de uno scudo per caduna bestia, & caduna volta,
& tal bestie si possino pigliate per il camparo, ò altra persona,
& che si possino riponete all’hosteria, ò in mani d’altra
persona fin tanto sarà pagata la pena, & il danno, qual pena se non
sarà pagata nel termine di tre giorni si possa detta bestia, ò
bestie senz’altro incantare, & deliberare per soddisfare detta pena,
& danno. S’alcuno forastiere, & non habitante nel Commune di Prato
si trovarà à fa herba in vigne, & campi sopra il territorio
di Prato in qualsivoglia tempo, incorra nella pena de lire trè imperiali
per caduna volta. Se alcuna persona forastiera, & come sopra taglierà
bosco, ò legname di qualsivoglia sorte, ò segare stramo sopra
il Territorio di Prato, incorrerà nella pena di scudi trè per
caduna persona, & caduna volta, & quelli che faranno rebbie, per ogni
barozza pagaranno scudi sei, per cavalata, ò asnata scudi quattro, per
capia, ò qualsivoglia carico personale scudi trè. Il che s’intende
tanto per la legna, quanto per bosco, & stramme, & dette bestie si possino
pignorare, & incantare come sopra. Che non sia lecito ad alcuno forastiero,
& per forastiero s’intende quello che non haverà contratto
domicilio in Prato, & suo Territorio per habitatione di trent’anni
continui, 6 pagati li carichi col Commune di Prato vendere, ò condur
fuori di detto Territorio stramme, ò legna d’alcuna sorte, ò
herbatico, sotto pena per caduna barozza di stramme, ò sia legna, ò
herbatico di scudi sei, per caduna cavalata, ò asnata de scudi trè,
& per caduno carico personale d’una delle predette cose scudi trè
per ogni volta, & se gli possino pignorare, & incantare le bestie, &
robbe nel moso sudetto oltra il danno, & in detta pena incorreranno ancora
li campari se venderanno alcuna delle soprascritte cose. Ne sia lecito ad alcuno
terrero vendere bosco, stramme, ò herbatico fuori del Territorio di Prato,
sotto le medesime pene. Che niuna persona forastiera, ò terrera ardisca
ruscare, ò far ruscare rogare, ò altre piante di qualsivoglia
sorte, sotta la pena di scudi sei alli forastieri, & alli terreri di scudi
trè per ciascuna pianta, & ciascuna volta oltre il danno del padrone.
Che trovandosi alcuno forastiero tagliar salici, ò salicini nel Territorio
di Prato, incorra nella pena di scudi trè per caduna persona, & caduna
volta, & si possino pignorare, & incantare le bestie come sopra, &
trovandosi a ruscar salicini, ò salici per far cavagli in qualsivoglia
luogo del territorio di Prato incorra nella pena di soldo uno per salice, ò
salicino, qual tutte pene in questo capitolo comprese siano applicate per un
terzo all’officio del Sig. Podestà, & gli altri doi terzi all’accusatore,
& Communità, & che il Podestà di Romagnano possi citare
in qualsivoglia luogo detti forastieri, & fargli fare l’essecutione
etiam nel luogo dell’habitatione de essi forastieri.
Sesto, che quello, che darà casa ad affitto ad alcun forastiero qual
venghi ad abitare sopra il territorio di Prato con bestie, sia tenuto, &
obligato, nel termine d’un giorno notificar dette bestie condotte alli
Consoli di Prato, acciò si possino far pagar l’herbatico, &
occorrendo partir detto forastiero senza pagarlo, il padrone della casa paghi
soldi 20 per caduna bestia alla Communità di Prato, & un scudo per
caduna volta applicando utsupra, & tal patrone di casa sia anche obligato
avisare detti Consoli per trè giorni avanti della partenza, che vorrà
fare detto forastiero sotto la medema pena.
Settimo, che tutti quelli, che hanno, ò possiedono possessioni, ò
beni appresso le strade publiche, siano tenuti tenere ferrate, & stoppate
dette possessioni, & beni, acciò le bestie non possino entrare, &
non essendo tal luoghi stoppati, & ferrati, non si possino accusare alcune
bestie, che fossero entrate in dette possessioni.
Ottavo, chi anderà, o si lasciarà trovare nelle vigne d’altri
dalla festa di S. Maria Madalena, che è alli 22 Luglio inanti, fino alla
festa di S. Martino 11 di Novembre, incorra nella pena di scudi doi per ogni
volta, se sarà di notte, & di giorno mezzo scudo per persona, oltre
il danno del padrone applicato per un terzo all’Officio del Podestà,
gli altri doi all’accusatore, & Communità, & chi farà
strada, ò passerà per le possessioni d’altri, se sarà
persona à piedi pagare soldi 20. se sarà a cavallo 40. con barozza,
ò bovi lire tre imperiali, & questo habbi luogho, tanto nelli forastieri,
quanto delli terreri applicando utsupra. Chi strapperà, ò portarà
fuori delle vigne d’altri farri di qualsivoglia sorte, paghi soldi doi
per caduno farro portato fuori, & se sarà strepato solamente, soldo
uno per farro, qual pena sia duplicata à quelli, che ciò faranno
di notte, oltre il danno del padrone. Chi farà caccia dè tordi,
nelle possessioni d’altri senza licenza del padrone, paghi per caduna
volta un scudo, oltre il danno. Chi pigliarà in possessioni d’altri
foglie di noce, ò di castagna, ò d’altri arbori, meligazze,
miliaconi, stabbia, ò altra sorte strammo, incorra nella pena di soldi
40 per caduna capia, ò carico personale de lire trè per caduna
cavalata, ò asnata, lire sei per caduna barozza, oltre il danno del padrone,
qual pena sia applicata alla Communità. Che non sia lecito ad alcuno
andar da mezzo il mese di Luglio inanti fino che saranno casche le noci sotto
le piante di noce d’altri per far garilli, ò sotto le piante di
castagne matura, sotto la pena de soldi 20 per caduna persona, & volta,
applicanda alla Communità, & accusatore oltre il danno del padrone.
Chi sbrissigarà, ò sfoglierà le melliche nelli campi, &
possessioni non sue, pagare soldi 40 per caduna volta oltre il danno. Chio andarà
nelli campi seminati à fasoli per raccogliere herba, ò fasoli,
incorri nella pena di mezzo scudo per caduna volta, & per qualsivoglia persona,
& nella medema pena incorra colui, che sarà trovato nelli campi seminati
a milio, ò panico, ò fave sotto la medema pena.
Nono, che non sia lecito ad alcuno Terrero avanti la festa di S. Michele di
ciascun anno tagliar Salici, ò salicini nelli gabij di Sessia sopra il
Territorio di Prato, sotto pena di soldi 40 per caduna persona, & caduna
volta, se non fosse per ligare la paglia per far tetto per le cassine, ò
per ligar melica, ò pannico, in qual caso debba prima pigliar licenza
dalli Consoli, sotto la medema pena applicata alla Communità di Prato,
& similmente non sia lecito ad alcuna persona, tanto terrera, quanto forastiera
roncare, ò far roncare in alcun luogo del Territorio di Prato, &
del Commune senza espressa licenza in scritto delli Consoli, & huomini del
Commune di Prato, sotto pena di soldi dieci per caduna volta, & caduna persona
applicando per un terzo all’Officio gli altri doi terzi all’accusatore,
& Communità. Che alcuna persona Terrera, ò habitante sopra
il Territorio di Prato, non ardisca metter lavoranti forastieri sopra il Commune
di Prato à tagliar strame, legna, ò bosco da Vite, ò herbatico,
che prima non habbi notificato alli Consoli, & huomini di Prato per un giorno
avanti, che metterà lavoro tal forastieri in scritto il nome, & cognome
di tal persone, & il luogo, ove haverà intenzione di far lavorare,
sotto la pena di scudi trè per persona, & caduna volta applicando
utsupra, & se troverà forastiero sopra il Commune di Prato à
condurre strame, bosco, legna, ò herbatico, il padrone che l’haverà
condotto paghi per ogni barozza scudi cinque, per ogni cavalata, ò asnata
scudi trè, per ogni carico personale adosso scudi due, qual tutte pene
comprese in questo capitolo s’applicano per un terzo all’Officio,
gli altri doi alla Communità & accusatore, & ogn’uno possi
accusare, & sia creduto col giuramento, & che niuna persona terrera
possi tagliar legna, stramme, ò bosco sopra il Commune di Prato per vender
à persone, che lo vogliono condurre fuori del territorio di Prato in
qualsivoglia luogo, ne meno vender à persone terrere per far fornaci,
sotto pena di scudi trè per caduna persona, & caduna volta, &
che tutte le pene delle bestie terrere siano applicate per un terzo all’Officio
del Sig. Podestà, & li altri doi terzi alla Communità, &
accusatore.
Decimo, che niuno ardisca vendemmiare, ò far vendemmiare in qualsivoglia
luogo del Territorio di Prato prima del tempo, che sarà stabilito nelle
crida della vendemia, che si farà d’ordine delli huomini ogni anno
à suoi tempi, eccetto le ughe bianche, & ughamo grosso, qual si possino
raccogliere con licenza delli Consiglieri in qualsivoglia tempo, sotto pena
d’un scudo per persone, & caduna volta, applicando per un terzo all’Officio
del Sig. Podestà, gli altri doi terzi alla Communità, & accusatore,
qual vendemia si farà con quest’ordine, cioè che si comincij
la Praveggia con il moto, & il cantonetto per una parte, l’altra dalla
strada di Baraggia, & le Bolline, & che sia differenza di tempo dall’una,
& l’altra vendemia di giorni otto.
Undecimo, che tutti quelli del Territorio di Prato, che saranno ingiuriati,
battuti, percossi, feriti, robbati, ò in qualsivoglia modo oltraggiati,
debbano nel termine d’un giorno notificarlo, ò farlo notificare
per se, ò suoi di casa alli Consoli di Prato, acciò possino dar
le denontie all’officio del Sig. Podestà, sotto pena di pagar le
pene, in quel saranno condannati detti Consoli, ò Communità di
Prato per haver omissa tal denontia insieme con tutti li danni, & spese,
che per tal causa patiranno.
Duodecimo, che non sia lecito ad alcuno tagliare, ò far tagliare alcuna
sorte di Bosco sotto il stortone del Molino, sotto pena d’un scudo per
persona, & caduna volta oltra il danno, nel che siano anche compresi li
molinari, & fittavoli del Molino. Et più che niuno ardisca tagliare
legne di qualsivoglia sorte appresso alle storte fatte alla roggia, ò
appresso à detta roggia in qualsivoglia luogo, dal prato di Perino in
su fin’al campo di Martina di Gioanne Bagnasotto di Prata, sotto pena
d’un scudo per persona, & ogni volta. Item che niuno terrero, ò
habitante del territorio di Prato ardisca andare, ò mandare à
tagliar legna di qualsivoglia sorte in valio da calende di Maggio, fino à
Santo Martino di Novembre inclusive di caduno anno, sotto la pena di mezzo scudo
per ogni volta, & ciascuna persona, & che ogn’uno possi accusare,
& sia creduto col giuramento, & che non sia lecito ad alcuno tagliare,
ò far tagliar alcuna sorte di legna sopra il Commune di Prato per far
pignoni, se prima non haverà licenza in scritto dalli Consoli, Consiglieri,
& uomini della terra sotto pena de scudi dieci, & sia creduto a qualsivoglia
accusatore col giuramento. Più che non possi alcuno tagliar legna nelli
luoghi tensati, & riservati, & che si tensaranno, & riserveranno
per l’avenire, sotto pena di mezzo scudo per persona, & caduna volta
oltre il danno, che sarà stimato, nella qual pena non siano compresi
quelli che anderanno fuori per roita col camparo, qual tutte pene comprese in
questo capitolo siano per un terzo del Sig. Podestà, gli altri doi della
Communità, & accusatore & che la stima del danno si debba far
d’otto in otto giorni, & passati quindici non si possi più
far detta stima.
Decimoterzo, che li forastieri, quali hanno beni nel Commune di Prato per il
danno che daranno essi, ò suoi massari in qualsivoglia modo, nelli beni
delli originarij, & habitanti in Prato, ò nelli beni del Commune
di Prato paghino l’istesse pene ch’essi forastieri faranno pagare
à detti huomini di Prato, qual siano per un terzo dell’officio
del Sig. Podestà, gli altri doi terzi della Communità, & accusatore,
& che sia creduto col giuramento.
Decimoquarto, niuno terrero, ò habitante nel territorio di Prato possi
vendere alcuna sorte de beni Communi ancorchè siano Isole, ò ronchetti,
ò ridotti à prato, campo, ò vigna, d’esso, ò
suoi antecessori ad alcuno forastiero sotto pena de scudi dieci per persona,
& caduna volta applicata per un terzo all’Officio del Sig. Podestà,
gli altri doi alla Communità, & accusatore, & che ogn’uno
possi accusare, & sia creduto col giuramento. Et che il Podestà di
Romagnano habbi à far giustizia sommaria, & in piedi nelle accuse
soprascritte, & non provando l’accusato la sua Innocenza nel termine
di trè giorni, gli faccia fare l’essecutione senza admettere alcuna
appellatione, né consiglio de Savij, che prima non siano pagate le pene,
& danni, & che alcuno Consigliero non possa far gratia di dette pene,
ò parte di esse sotto pena della nullità di tal gratia, &
de scudi dieci per caduno Consigliero, & caduna volta applicanda utsupra,
né possa intercedere tal gratia dalli altri Consiglieri, sotto la medema
pena, & nullità di tal gratia impetrata.
Milano 16 febbraio 1604
1571 – Capitoli e ordini della comunità di Prato
(uomini del consiglio presenti: Millani de Vioca fu Ulietto, Giuseppe de Furgoto fu Ulietto, Bartolomeo de Furgoto fu Comino, Pietro de Bocca fu Antonio, Millani de Furgoto fu Comino, Giulio de Nano fu Giovanni Battista, Pietro de Pantroto fu Giovanni, Bartolomeo de Sesono figlio di Giovanni, Antonio de Nadino? fu Bernardino, Giovanni Imatio fu Bartolomeo, et Matteo de Cerono fu Antonio)
1° - Inserendo detti consoli
et huomini del consiglio sopradetto alli altri ordini di detta comunità
di Prato ordenano che non sia persona alcuna habitante in detta terra et sopra
il suo teritorio quale ardisca né pasculare né mandar a pasculare
bestie di qualsivoglia sorte che sia alle feste di comandamento nello territorio
di Prato che si chiama in convento et, (per), la campagna cultivata sotto penna
de soldi deci per chaduna bestia per chaduna volta.
Item che si trovarà dette bestie in convento et dar danno in campi et
posessioni d’altri oltra la pena sudetta che incorano nella pena d’altri
soldi cinqui per bestia per chaduna volta oltri il pagamento del danno al patrone.
Item hano ordinato et ordeneno che niun sia persona alcuna quale ardisca andare
ne mandare bestie di qualsivoglia sorte nelle vigne de altri, o, non sue sotto
pena de soldi vinti per chaduna bestia per chaduna volta.
Item che persona alcuna nò ardisca andare ne mandare in prati d’altri,
a, segar erba sotto pena de soldi vinti per chaduna volta oltri il danno.
Item che non sia persona alcuna quale ardisca lassarsi trovar in le vigne de
altri quando le uge sono mature sotto pena de soldi vinti per chaduna volta
oltri il danno.
Item che nò sia persona alcuna come sopra quale ardisca passar, a, piede
et, a, cavallo per le posessione de altri sotto pena di pagare soldi quaranta
per chaduna volta per la accusa oltri il danno dil patrone.
Item hano ordinato come sopra che chaduna persona quale sarà trovata
pigliare sarri sechi in la vigna d’altri incorra nella pena de soldi uno
per chaduno sarro et per chaduna volta oltra il danno dil patrone
Item che non sia persona alcuna come sopra quale ardisca andare, a, rubbar melegazze
in posesione d’altri sotto pena de soldi deci per ogni cavalata et soldi
vinti per chaduna barozza per chaduna volta oltri il danno come sopra.
Item che non sia persona alcuna quale ardisca andar ne lassarsi trovar al tempo
delle noci sotto le piante non sue, a, far garigli sotto pena di pagar soldi
cinqui per chaduna volta sarà ritrovato, et di soldi vinti per chaduna
volta sarà trovato, a, coglier noce quando sarano maturi oltri il danno
come sopra.
Item chel non sia personna alcuna quale ardisca andare ne mandare, à,
rastellare foglie in possessione d’altri et sotto le piante non sue sotto
pena di pagare soldi vinti per chaduna volta sarà trovato oltre il danno
come sopra.
Item chel non sia persona alcuna quale ardisca tagliare ne fare tagliare piantumi
di qual si voglia sorte sopra roccia sotto pena di pagare soldi quaranta per
caduna volta oltri il danno come sopra.
Item se ordenato come sopra che non sia persona alcuna quale ardisca tagliar
ne fa tagliar lignami ne bosco apresso la sesia per due pertiche sotto pena
di pagare soldi quaranta per caduna volta.
Item che non sia persona alcuna forastiera quale ardisca mandare ne andare a
pasculare sopra il territorio di Prato sotto pena di pagar soldi quaranta per
chaduna bestia per caduna volta.
Item che non sia persona alcuna forastiera quale ardisca segar strame sopra
il territorio di Prato senza licentia delli homini sotto pena di pagar libre
tre Imperiali per caduna ranza.
Item a tagliar bosco sotto pena di libre tre Imperiali oltre il danno al patrone
e a comunità per caduna pianta.
Item hano ordenato come sopra che li campari et incantatori de detta (comunità)
siano obligati, a, scodere tutte l’accuse quali se farano ogni deci giorni
sino, a, quindeci doppo fatte altrimenti siano casse et per non fatte.
Item che li campari non possino dar licentia, a, persona alcuna forastiera quale
vengi, a, tagliar bosco in strame ne pascular bestie sopra il teritorio di Prato
sotto pena de scudi sei per chaduna volta sarano ritrovati d’aver dato
licentia et caduno possa sopra tutti li ordini sopradetti accusar con giuramento
et sara tenuto secreto et guadagnerà il terzo l’altri doj terzi
se appellato al signor podestà et comunità fra essi.
Item hano ordenato come sopra, che non sia persona alcuna quale ardisca passar
per posesione d’altri con barozze al longo sotto pena di pagar soldi quaranta
per caduna volta oltre il danno come sopra.
Item hano ordinato come sopra che caduno verrà trovato con bestie in
Prato et suo territorio……..et andara pascular sopra il detto territorio
debba esser obligato pagare soldi dieci per caduna bestia come sopra.
Item chel patrone dove se condurano dette bestie ad habitare sia obligato nel
termine de uno giorno doppo sarano dette bestie forastiere giunte notificarlo
di subbito alli consoli et homini del conseglio sotto pena di pagare scuto uno
d’oro per chaduna volta che si contrafara in non dar aviso conforme come
sopra qual penna con l’altre pene de forastieri se aplicarano come dechiarano
siano applicate sin adesso per uno terzo all’accusator per l’altri
doj terzi al signor podestà et comunità, o, incantatori per mittà
oltri come sopra. Et chaduno potrà accusare con giuramento et sarà
creduto et guadagnerà il terzo come sopra.
Item se ordinato et ordina che ocorendo che li campari, o, soj di casa, o, loro
bestie siano accusati et accusate contra la forma delli medesimi ordini dare
et far danno che incorano nelle pene duppiate applicandole come sopra. Il simile
sarà se li incantatori, o, soj di casa con le loro bestie sarano ritrovati
et ritrovate dar danno contro li ordini sapradetti in dette pene duplicate incoreranno
et di più in scudo uno d’oro applicate come sopra cioè per
uno terzo all’accusator per l’altri doj terzi al signor podestà
et comunità come sopra.
Item che nessuno ardisca andar sotto le piante frutifere sotto pena de soldi
deci per chaduna volta.
Item se ordina che non sia persona alcuna forestiera quale ardisca ruscar ne
far ruscar rovole di qualsivoglia sorte sopra il territorio di Prato sotto pena
di soldi sesanta Imperiali per caduna volta. Il medesimo pagare chi di Prato
se contrafarano come sopra.
Item che chaduno che pigliarà bestie, a, sovernare in casa sua sia obligato
pagare soldi cinque per caduna bestia.
1634 - Comunità di Romagnano – tassa per i forestieri abitanti nel borgo
Noi infrascritti Gabrio Serbelloni
podestà, et Sillano Capra compromissori et deputati dalla comunità
di Romagnano per una parte, et dalli forestieri abitanti nel borgo di Romagnano
per l’altra, per rispetto della differenza, et lite vestita sin dal principio
dell’anno 1633 in qua, tra la suddetta comunità et li detti forestieri
per causa della loro abitazione in detto luogo ad agiustar amicabilmente le
dette parti, come dalla deputazione in noi fatta prontamente anco li detti forestieri
sotto il di 19 del presente mese di marzo 1634 rogato dall’infrascritto
vicecancelliere della medesima comunità visti li libri vecchi della medesima
comunità, dalli quali appare alle volte esser stati tassati (in soldi
6 di trasadigo) per caduno et alle volte in somma? Precisa visto un decreto
del signor auditor Brusati, nel quale dice potere egli giustamente dare alli
abitanti ? in detto luogo per dieci anni continui un soldo di trasadigo per
caduno. Et avendo informatione del in diverse terre et borghi del Novarese al
pari di Romagnano circa li forestieri; il tutto diligentemente considerato,
con le comodità et d’ambe le parti, tanto per il passato, quanto
per il presente del suo tempo, et tutto quello va visto et considerato.
Incuorati per il nome di Giesu Cristo et della B.V.Maria; et di San Sillano
Diciamo, ordiniamo, et per la nostra autorità arbitriamo come abasso
cioè:
Primo che li infrascritti particolari forestieri et ciaschedun d’essi
debba dare, e pagare senza liti alla medesima comunità ogni anno, per
la loro habitazione solamente la somma a ciaschedun di loro rispettivamente
annotata come a basso cioè:
Bartolomeo Gilardone manzagoro soldi
20
Giò Battista Pedana bottegaro, et calzolaro soldi 20
Giò Gianoli pizzigarolo soldi 20
Antonio Turcotto bottegaio, et calzolaro soldi 20
Signor Gaspar Bollino speziale soldi 20
Domenico Tappa hoste soldi 15
Pedrino Tappa macellaro soldi 15
Giò Batta De Augustino bottegaro soldi 15
Messer Pietro De July bottegaro soldi 12
Messer Julio De July calzolaro soldi 12
Antonio Roggia sarto soldi 12
Batta Mofia chiavattino soldi 12
Giò Mocciola chiavattino soldi 6
Giò De Setis chiavattino soldi 6
Grampino chiavattino soldi 6
Francesco Zanes chiavarino soldi 12
Gaudenzio Boccastorta porcaio bottegaro soldi 6
La moglie che era di Christofharo Pavesfanti soldi 12
Et questo sotto li capitoli come seguano cioè:
1° - Che siano tenuti, et obligati pagare alla medesima comunità ancor il fitto dell’anno prossimo passato 1633 conforme alla detta tassa, eccetto che il sudetto Antonio Roggia, qual per detto anno non dovrà pagare se non un scudo, et per li altri scudi per ogni anno, come facendoli bono ad ognuno, quello havrà datto e pagato a conto di detto anno con li opportuni recapiti, et interessi?; qual pagamento dovrà eseguire
2° - Che il pagamento delli anni suseguenti segua mittà a San Pietro et mittà a Natale di ciaschedun anno per la lite sotto raffezione?
3° - Che siano essenti li detti forastieri di quello pagavano al abocatore delle banche in giorno di mercato, incominciando per detta esentione dal giorno d’hoggi inanti, et non più.
4° - Che volendo li sudetti forastieri, o alcuno d’esso per l’avenire sotoporsi al soldo di trasadigo, et pagare la gravezza per esso conforme hanno li terreri d’essa comunità, tanto quasi? fossero terreri et siano esenti in tal caso della sudetta obligati, alloggiando però, osia pagando come fanno li terreri per detto trasadigo non potendosi però costringere alli carichi et pagamento de debiti già fatti da detta comunità dal giorno che si sottoporanno al trasadigo in dietro tanto del capitale, quanto delli interessi.
5° - Che venendo ad allogiare nel presente borgo più d’una compagnia estera? Di soldati, in tal caso per quelli anni, ò sia anno, siano tenuti, et obligati pagare senza lite alla medesima comunità per rispetto delli tassati ? 20 per caduno lire trenta, per rispetto delli tassati ? lire vint, per rispetto delli tassati ? lire quindeci, et per rispetto delli tassati ? lire nove per caduno, et per cadun anno, ancor che detto alloggio durasse solo per un mese, ed escedesse? Da una compagnia solo dieci soldati d’avantaggio? Overo un altro sol officiale che non sia di detta compagnia ne si possino aggravare d’alloggio alcuno ben che ve ne fosse in quantità di soldati sotto reffetione?
6° - che la detta comunità non possi in alcun tempo aggravare li sudetti forastieri, o alcuno d’essi di trasadigo di sorte alcuna, pagando essi però la tassata somma come sopra, salvo però che li stessi volessero sottoporsi al detto trasadigo come sopra.
7° - che sia tenuta, et obligata la medesima comunità per ratificar il presente accordo, ò sia convenuto dal Sindicato facendo di bisogni ad ogni ricchiesta d’essi forastieri, acciò non s’habbi a far più lite alcuna di questo, sotto responsabilità come così la condanniamo.
8° - Che sia lecito a detti forastieri mandar a pascolar una bestia da basto per caduno sopra li pascoli comuni d’essa comunità senza molestia, non apportando però danno alcuno à particolari durando la detta conventione.
9° - Che la presente conventione, ò sia accomodo duri, ò habbi a durare per anni nove continui solamente, et non più incominciando il sudetto anno 1633, quali spirato debba la comunità ciaschedun di loro, e altri se ne veranno ad habitare nel presente borgo, conforme alli loro trafichi, tassarli chi più, chi meno, non ascedendo né sminuendo però la sudetta tassa respettivamente come sopra? Il che si fa perché andare alcune s’inalzano di trafichi, et altri s’abassano, acciò questa sperata s’abbi a dolere della tassa, restando però sempre mai tutto il resto fermo, nel modo sudetto né altrimenti s’habbia osservare delle dette parti: ---- perché così è.
In ultimo ordiniamo, dichiariamo, et et condaniamo ambi le sudette parti ad osservare et adimpire in tutto et per tutto quanto da noi è stato come sopra ordinato et dichiarato, come se fosse formal sentenza sotto raffettione.
Domenica 25 aprile 1621 – Sindicato di Romagnano – aggiunta di ordini della comunità e proposta di costruzione del nuovo monastero.
1° - Che ciascuna persona di
qual si voglia grado et conditione, si sia, qual sarà insultata molestata,
battuta, ò fatta la qual si voglia molestia alla terra, et territorio
di Romagnano, per qual li consoli siano obligati denuntiare conforme alli ordini
sia obligata, et debba in termine d’un giorno doppo haver havuto tal insulto,
ò batitura, ò come occorerà avisar uno dè consoli
di detto luogo del successo, sotto altretanta pena, che potesse incorrere detto
console, non denuntiando, da esser applicata uno terzo all’offeso, uno
terzo alla comunità et l’altro terzo all’accusatore, et di
relevato in tutto, et per tutto detti consoli da ogni danno, et spesa, che puotesse
fare, et patire per non haver denontiato.
2° - Che ciascuno, che habbia beni nella terra, et territorio di Romagnano,
et altrove sia obligato nel termine di sei mesi dopo che si haverà ottenuto
la confirmatione di questi capitoli, nutificarli con le coherenze, et misure
giuste, et consignarli nelle mani di chi sarà deputato dalla comunità
per puoter far il libro novo dell’estimo: et questo sotto pena de scudi
doi per ogni staro di terra che ometterà notificare, et ogni spesa si
farà dalli deputati in far misurare tali beni, salvo che per li beni
comuni, chi notificarà meno di quello si trova in havere perda tali beni,
et ogni sua actione, et ragione, la qual sia della comunità.
3° - Che tutti daranno casa ad affitto à forastieri nella detta terra,
et territorio di Romagnano siano obligati pagare quello sarà obligato,
et tassato tal forastiero così che quello si parti da detta terra senza
haver pagato tal tassa
ORDINI della Comunità di Cavalirio fatti, et approvati dal Sindicato fatto li 5 gennaio 1648.
Prima – Si debbano ellegere
12 huomini della terra dellj più habili idonei et di bon nome per il
consiglio et buona administratione della terra delli quali se ne debba pigliar
doi ogni sei mesi alla sorte per consoli quali consoli debbano regere et administrare
li negotj del medesimo giustamente, et fedelmente, quali non possino di sua
autorità propria disporre più di £. 25 in loco però
di bisogno et necessità.
2° - Che detti consoli debbano dover farsi il bisogno di consiglio o autorità
domandar il sudetto consiglio quali consiglieri al segno delle campane avisati
trovarsi nel loco deputato per il bon governo sotto pena d’un scudo per
volta.
3° - Che detti consoli debbano alla fine delli suoi sei mesi dar conto della
loro administratione et metter la sua taglia et farlo dentro d’un mese
doppo finiti li sudetti sei mesi sotto pena di scudi 50 per caduno.
4° - Che debbano far la visita del (boscho) del medesimo et altri comuni
ogni tre mesi et trovando danno debbano dar la debita stima al camparo ò
a chi si deve et questo sotto pena di doi scudi.
5° - Che debbano in particolare alle bestie et (pecore) forestiere star
avertiti aciò siano castigate in conformità degli ordini et far
ben (……..) il senso del Regolamento.
6° - Che debbano far (…..) la baragia il mese di agosto et il (……..)
per tutto il mese di novembre et si deba lasciarlo in libertà cioè
il strame per il mese di maggio et il (…….) tutto il mese di marzo
et non facendo eseguire quanto sopra possino esser obbligati loro consoli in
scudi dieci.
7° - Che niuno possi vendere né strame né boscho sotto pena
d’un scudo né dar licenza a bestie forestiere per pascolar sotto
pena d’un scudo per volta. Et essi consoli essendo richiesti ò
dal camparo ò da qual si voglia persona debbano dargli ogni aiuto e favore
sotto pena d’un scudo per (……) d’essi consoli.
8° - Che debbano ogni mese farsi portare la notta delle (…….)
del camparo e la (……) et farle legere se il bisogno lo richiederà
sotto pena d’un scudo et questo per poter la terna sudetta più
giusta, et non notificando il caneparo le (…….) nel termine di tre
giorni siano (invalidate).
9° - Che non debbano accettar alcuno in nova locatione et novo uffitio se
prima non haverà datto il conto del passato sotto pena di doi scudi.
10° - Chi tagliarà boscho sopra il comune fuori del tempo limitato
scudi 6
Strame e foglie in detto tempo scudi 4
Boschar legne sopra beni particolari et pigliar legne tagliate scudi 4
Strame e foglie scudi 3
11° - Chi pascolerà con bestie nella garza per tutto il mese di settembre
scudi 3 per bestia ogni volta. Et per la medesima pena si debba (guardar) il
(strego) et la (….) à le bonde.
12° - Chi vendemmierà fuori del tempo per rispetto delli ronchi nanti
le crida d’ordine delli fondi (per) reservato l’ughamo scudi 18
13° - Chi tenerà pecore per ogn’una scudi 6
14° - Chi pigliarà rebbie nelle vigne o legne scudi 4
15° - Chi farà erba sino a Santa Maria Madalena li 22 luglio nelle
vigne d’altri scudi 1 per ogni mauletto, et per ogni volta, et dalli 22
detto (…….) passato il mese di ottobre seguente scudi 10.
16° - Chi pigliarà uve nelle vigne d’altri soldi cinque per
caduna et quando passeranno il (…….) 4 libre come sopra £.
3. Se di notte £. 18.
17° - Pigliar persiche et altri frutti di giorno soldi 1 per caduno et soldi
20 se di notte.
18° - Pigliar noci et castagne soldi 1 per caduna.
19° - Una bestia pascolar nelle vigne soldi 1:10 per volta, nelli grani
soldi 30, nelli prati soldi 20 nelli zerbini soldi 10.
Li porcelli soldi 30.
20° - Chi farà pane fori del suo forno senza causa et senza licentia
del fornaio soldi 1 per volta.
21° - Chi misurerà vino senza farne parte al brentore soldi 20 per
volta et sarà creduto il detto fornaio et brentore con un testimone degno
di fede.
22° - Che per le pecore forestiere gli si habbino a far pagare soldi 20
per pecora, et lo stesso di capre quale senza licenza del consiglio si troveranno
a pascolare sopra il teritorio di Cavalirio.
23° - Che le taglie si faciano publicar quando (……..) per caduna
volta (……….) nell’istesso tempo si meteranno le taglie
in Cavalirio nanti il Giudice d’aplicarsi sotto pena di ducatoni dieci
per caduna volta.
24° - Che li campari, di qualsivoglia habbi carica (in detta comunità)
non possa prendere più d’una carica (che questa) sotto pena di
lire cinquanta per caduna.
25° - Che chiunque sarà in qualche modo offeso debba in testa di
giorni tre denunciarlo alli consoli sotto pena di qualsivoglia danno, e spesa
possino li consoli potere e fare causa (………) e siano castigati
per detta causa et questo ogni volta (…………).
26° - Che il camparo si muti ogni anno, come anco quelli di Cavalirio hanno
abbia carica in detta terra, et che anco sia tenuto il camparo alli danni (casuali).
ORDINI e capitoli agionti nel presente Sindicato per il bon Governo della Comunità di Cavalirio fatto il dì sabato 27 dicembre 1653
Prima – Che si debba guardar
le bestie forestiere et in particolare le pecore acciò non danegiano,
né pascolano nelli beni comuni, et particolari, et a tutti li dannificanti
forestieri sotto pena per ogni pecora di soldi 10 et caduna altra bestia di
soldi 30 per caduna et caduna volta et cadun particolare forestiero di soldi
50, et caduna barbozza di £. 4, et caduna soma di £. 3.
2° - Che niuno possi far erba nelle altrui vigne sotto pena di soldi 9 per
caduna volta, et cadun mauletto d’esser applicata diritivamente un 3°
alla Carità della Confraternita di Santo Spirito di detto loco, per un
3° alla Comunità, et un 3° al padrone oltre li danni.
3° - Che niuno possi né stramare, né tagliar flechie, e legni,
né buscare sopra il comune fuori del tempo desegnato, et fuori del tempo
limitato sotto pena come nelli Sindicati passati cioè di soldi 4 per
caduna volta et caduno confirmando altri detti Sindicati et ordini sopra ciò
tutti. Che si debba imponer caricha di soldi 2 ad ogni particolare abitante,
et che habitarà nella terra sudetta che non habbia estimo cominciando
dal primo del anno seguente 1654, et continuando ogni anno, et così alla
ratta del tempo, et questo per modo di (provisione) sino ad altra dichiaratione
conforme dispongano li ordini reali per la parte personale.
Che si debba far per patto espresso al camparo, che debba guardar li forestieri
dannificanti con pecore bestie, et tagliar strame, et che niuno possi vender
strame à forestieri, et debba guardar il streglio et altri boschi, et
le bestie dalla guarda per tutto il mese d’agosto seguente, et sia sotto
pena al detto camparo, et danni della Comunità.
Che debbano far fare un registro, ò catasto dell’estimo con copia
netta per poter descrivere li beni delli particolari al capitolo novo del Comune
per saper, e distinguere li estimi esigibili.
Che si debba cercar, accordar, et mantener un Reverendo Capellano per la messa
à conto della Comunità anulando li deputati fatti per il passato,
et danno autorità alli Consoli possino far qualsivoglia istrumento dè
beni della Comunità, et partecipatione di tutto il Consiglio, ò
almeno della magior parte.
Cavaglio – luglio 1614
Prima per beneficio dil publico,
et ad effetto, che li boschi dil comune non vadino tutti a trasadigo per il
che li particolari d’essa terra in breve tempo restarebano privi della
comodità d’essi boschi per fare legnami da opera, et per le vigne
perciò hano deliberato farne reservare cioè tensare una parte
d’essi boschi ogni tre anni – cioè la detta tensa habbi da
durare tre anni cominciando di presente dalla pubblicatione di quest’ordine
inanti a tensare quella parte dè ronchi cominciando dal chiestolo ? sino
al termine grande in su verso monte, et verso la fine di Fontaneto qual tensa
habbi da durare detti tre anni, quali forniti si darà ordine quanto si
haverà a fare, come anche di reservarne un’altra parte nel modo
come sopra et così di tre anni in tre anni, ad effetto che sempre ve
ne sia una parte reservata et tensata successivamente de tre anni in tre anni
perpetuamente con prohibitione perché durando la detta tensa ò
tense da caduna parte di detti boschi reservati come sopra di tempo in tempo,
niuna persona d’essa comunità né forestiera di qual grado
et conditione si sia, ardisca possi né voglia entrare in essi boschi
reservati, et che per l’avenire si reserveranno overo si tenseranno come
sopra durando detti tre anni, di tempo in tempo successivamente, à tagliare
né fare tagliare scarioni, paletti o sarri, rebbie osia (…..) chierchi
da vite torte, né altri legnami tanto da opera quanto per le vigne et
da fuoco sotto pena per caduno, et per caduna volta che sarà trovato
de soldi 20 ? per l’inobedienza, et per il danno di soldi 20 per caduno
scarione. Soldi 10 per caduno paletto osia sarro da vignia. Soldi 5 per caduna
rebbia osia (…..), et il simile per cadun chierchio da vignia, et caduna
volta et per le legnie da fuocho ò da opera pagni il danno triplicato
conforme alla stima che sarà fatta dalli Consoli d’essa terra quali
in questo fatto sin d’adesso si elegino et si intendano esser elletti
di tempo in tempo per estimatori pubblici della comunità sudetta ad estimare
li detti danni, et altre sorti di danni che crederanno esser fatti in detti
boschi d’esser tensati o reservati come sopra et dell’intentione
a fare et cometere danno sia creduto al camparo d’essa Comunità
con il suo giuramento et questo tanto per le prohibitioni et danni sopradetti
quanto per quelli che qui abasso si scriveranno cioè.
Che niuna persona di qualsivoglia stato ò conditione di detta terra né
forestiero ardischi fare, né fare fare, strame nei boschi reservati,
et d’esser tensati, et che per l’avenire si reserveranno, et tenserano
durando li tre anni sotto pena d’un scudo per persona et per caduna volta
oltre la perdita delli strami, e fare d’essi boschi strami con gerla ò
sia ò altri in strumenti, ò folie sotto pena d’un scudo
per caduno et caduna volta che sarà trovato oltre la perdita come sopra.
Et che a niuna persona sia lecito il mandare a pascolare bestie d’alcuna
sorte in detti boschi tensati, è reservati, et che per l’avenire
si reserveranno come sopra durando li tre anni come sopra sotto pena di scudi
10 per caduna bestia, et caduna volta.
Item che non si debbano mandare le vache né altre bestie non atte alla
cultura à pascolare in campagnia prati né vigne sotto pena di
scudi 40 per caduna bestia, et caduna volta non admettendosi scusa alcuna, che
si dicesse di volere farle pascolare nelli suoi propri campi ò vigne
è prati perché si proibisse in generale la pasculatione della
campagnia vigne et prati tanto proprj quanto della Comunità. E quali
pene siano applicate dil tutto alla comunità per la mittà et per
l’altra mittà alli campari elletti, et si elegirano et si pure
da essenzialmente anci si possino le dette accuse descrivere de mano in mano
dal Canzeliero della comunità sopra un libro separato et al tempo dell’ugualanza
darle in scossa al camparo il quale possi insieme con le altre (………..)
scoderle anche per via di executione et nel modo si sogliono scodere le taglie
che si impongono in essa comunità.
In oltre le predette cose si proibisce cioè che a niuna persona sia lecito
l’andare à fare pascolare bovi, né altra sorte di bestie
nelle vigne d’altri sotto pena di scudi 40 per caduno bove, ò bestia
et caduna volta d’esser applicata come sopra.
Né sia lecito ad alcuna persona il far herba, strame né foglie
tanto di melicha quanto cogliere foglie delle noci ò castagnie nelle
vigne, et beni d’altri rispettivamente sotto pena di scudi 10 per caduno
e caduna volta, ne meno si possi andare a spigolare noci né castagnie
sotto le piante non scosse d’altri sotto pena di scudi 20 per caduno e
caduna volta, ne meno si possi pigliare ughe nelle altrui vigne sotto pena di
scudi 5 per caduna ugha et caduna volta d’esser applicate come sopra et
si dia fede come sopra riservato però la raggione alli patroni delli
beni di potere aggire per via d’accusa contro li dannificanti per il loro
interesse.
Item si proibisce a caduna persona il tagliare ò far tagliare legnie
tanto da fuocho quanto altrimenti nelli boschi dil comune anchor che non tensati
quanto sia da calende dil mese d’aprile sino a calende di ottobre sotto
pena d’un scudo per caduno et caduna volta d’esser applicato come
sopra, et anco si proibisce il vendere legnie delli boschi dil comune à
forestieri ò condurlo fori del territorio siano di qualsivoglia sorte
di legnie sotto pena di scudi doi per caduno, et caduna volta d’esser
applicati come sopra, et si creda come sopra d’esser (……….)
come debitamente.
Di più hano ordinato che li consoli et consiglieri della comunità
debbano congregarsi per trattare li negotj della comunità sudetta nel
luocho solito, et questo ogni volta che sarano a requisitione d’alcuno
d’essi consoli ò consiglieri avisati dal (fante) publico della
comunità sudetta et in caso di renitentia ò contumacia si possi
scodere subito un scudo per volta per caduno (…..) d’esser applicato
alla comunità sudetta.
Item che niuna persona forestiera possi per l’avvenire, venire ad abitare
in essa terra o territorio se non pagando per vicinanza lire cinquanta alla
comunità sudetta il quale forestiero non possi né le sia lecito
mai, roncare né dizerbidare alcuni beni dil comune, anci debba subito
verrà in essa terra dare sicurtà di pagare li carichi personali
che sopra lui li sarano nel egualanza d’ogni anno compartiti et sin di
presente si intendano, che chi darà casa ad abitare afitto o in altro
modo à detta persona forestiera sia lui la sicurtà et obligato
principalmente per il detto forestiero al pagamento di detti caichi personali
in caso che per l’inhabilità di detto forestiero al pagamento d’essi
caichi et non altrimenti.
Item che quelli che posedono detti beni del comune ronchati et dizerbidati o
altrimenti non possano venderli ad altri cioè à forestieri, et
che non siano dil comune anchorchè li haverano fatto sopra miglioramenti
et questo sotto pena di nullità di qualunque vendita d’altro contrato
che possano fara sopra detti beni quali beni siano subito devoluti alla comunità
né qual tale contrafacienti, è contrafacienti possano mai più
godere beni dil comune di niuna sorte anci si habbino di subito incantarli ad
utile della detta comunità et per l’inobedienza et contrafatione
cadano anche li contrafacienti nella pena di dieci scudi d’esser applicati
come sopra cioè alla comunità.
Item si proibisce il ronchare et dizerbidare beni dil comune senza licentia
delli consoli è consiglieri d’essa comunità sotto pena di
scudi vinticinque d’esser applicato come sopra.
Item che quelli particolari che hano ronchato, ò riservato beni dil comune
apresso li confini di Gheme, Fara, è Siciano, li debbano lasciare andare,
inculti, et à zerbino con spianare li fossi fatti, et questo apresso
li detti confini per trabucchi sessanta sotto pena di scudi cinquanta per caduno
inobediente d’esser applicati alla comunità sudetta né per
l’avenire possi più alcuno ronchare apresso à detti confini
per trabucchi sessanta come sopra sotto la medema pena d’esser applicata
come sopra.
Item che trovandosi bestie forestiere, o d’alcuno forestiero à
pascholare nel detto territorio si possi scodere per pena lire sei imperiali
per caduna bestia, et caduna volta oltre il danno et lire dodici imperiali per
caduna persona forestiera et caduna volta che si troverà a fare danno
in detto teritorio tanto a tagliare legnie quanto a cometere altri danni et
questo oltre il danno duplicato alla forma dil statuto d’essere applicato
come sopra.
Item che niuno particolare possi impedire le strade vachareze et maestre che
non siano per almeno large trabuchi doi, et quelli che li ha strette, è
angustiate ò divertito dal suo solito le debbano redure in pristino sotto
pena di dieci scudi d’esser applicati come sopra.
Item che niuno di qualsivoglia stato né grado li sia lecito né
concesso anci sia omni……..prohibito il costruire fornace, né
pignoni per far fabbricare prede, mattoni, né botti né coppi sopra
le terre della comunità ancho le terre da qui adietro diszerbidate sopra
il comune se ben diszerbidate da alcuni di essa terra, et questo sotto pena
di scudi vinticinque d’esser applicate come sopra.
ORDINI di Cavaglietto – 18 ottobre 1649
Perché la comunanza di Cavaglietto
in riguardo del territorio, et abitanti è tenue, et ogn’anno ne
prende di quella per convertirla in proprio uso perciò acciochè
detta comunanza serva al pubblico per pascolar le bestie, stramare, et far legna
à particolari di Cavaglietto, hanno stabilito, che da qui avanti, è
per l’avvenire niuno habbi da pigliar bene in detta comunanza per roncare,
e convertire in proprio uso, anzi quelli, che ne hanno pigliato da calende genaro
dell’anno corrente 1649 (………) in qua le debbano lasciar
da dietro, et quelli, che dall’anno 1648 (………) retro
ne hanno roncato, et come sopra siano in libertà ò di tenerlo,
ò di rilasciarlo purchè sì di che anno in termine di giorni
quindici prossimi avvenire, e tenendolo, habbino da tener ancora, et havere
la duplicatione dell’estimo impostogli conforme resta già dichiarato,
stabilito, et praticato, et per rispetto di quelli, quali hanno pigliato, et
ronchato beni di detta comunanza nella conformità sudetta, né
li vorranno rilasciare da dietro, ma sì bene tenere, et godere, debbano
mantener ben concie le strade, ogn’anno per sconto à quella portione
di terreno come, che ciascheduno haverà ronchato, tramenerà, e
goderà, come sopra (……….) che si possa comodamente
transitare con carro, o sia barbozza, bovi, cavalli, asini, et altri bestiami
et ancho a piedi, altrimenti possano li consoli, et li regenti di detta comunità
farle acconciare à tutte spese di quelli, che saranno contumaci, e renitenti
in farle acconciare come sopra.
Item perché molti vengono ad abitare in Cavaglietto e vi stanno tutto
l’anno al tempo delle faccende et dei raccolti, et poi al San Martino
et al tempo di pagar le taglie si absentano dalla terra senza pagare, et la
comunità non sa dove (……….) per l’importanza
d’esse, perciò hanno stabilito che li padroni delle case, quali
affitaranno case à particolari, siano tenuti far sicurtà per il
pagamento di dette taglie per quelli particolari, à quali affitaranno
le dette case.
Che se ad alcuno particolare abitante nella terra, et territorio di Cavaglietto
fosse usata alcuna violenza, ò fatta altra cosa tale, per la quale si
dovesse far denuncia in conformità delli Novaresi (Statuti) et ordini,
in tal materia disponesti sia obligato avisar li consoli di detto luogo in tempo
acciò possano anche essi denontiare nel termine limitato dalli Novaresi
(………) altrimenti, quandochè li consoli fossero molestati
da qualche (……….) per omessa, ò tralasciata denuntia
per colpa di quel tale offeso, et come sopra, quello habbi da star à
conto delli danni, et spese, che potranno patire, et fare detti consoli per
tal ommisione per colpa ò mancamento di quel tale, che non haverà
avisato, et (…………………………………….)
spirato sarà il triennio delli dodici consiglieri deputati al governo,
et maneggio del pubblico, et che avranno servito il detto triennio, habbino
da servire, et subentrare li altri dodici l’altro triennio suseguente,
in loco delli primi dodici et spirati li duoj triennj se ne faccia electione
d’altri ventiquattro delli più habili al governo, dè quali
se ne cavino poi alla sorte n° dodici per il primo triennio et gl’altri
dodici habbino da subentrare, et servire per il triennio susseguente, et così
successivamente sinchè e morendone uno delli elletti se n’habbi
da subrogar un altro in suo luogo delli più habili, et come sopra.
Aprile 1699 – Bandi campestri di Cavaglietto
Prima – Che niuno possi asportar
né far pali, né scarioni da vigna di altri sotto pena di soldi
cinque per palo et soldi due (……) per scarione.
2° - Che niuno possi tagliare, né far tagliar legna di altri sotto
pena di soldi dieci per fasso e soldi trenta per chi scalverà, et (……..)
allevi et questi per cadun allevo, è per cadun particolare, et anche
fossero doi ò tre sopra d’un allevo ò pianta (…..)
siano tenuti alla detta pena di soldi 30 per cadun allevo, et per cadun particolare
come sopra.
3° - Che chi scalverà piante da frutto overo le taglierà sij
tenuto alla pena di lire tre imperiali, è soldi quaranta per pianta infruttifera.
4° - Che chi darà danno nottabile con le bestie in campi seminati
durando il tempo di poter andare alla (……..) che sarà solo
per tutto il mese di aprile e non più, sij tenuto alla pena di soldi
20 per caduna bestia e caduna volta.
5° - Che chi segare herba in campi (ecedenti quelli che saranno seminati
a melga) prati, o il altro luogo di altri, sij tenuto alla pena di soldi 20
per cabione ò fasso, e lire tre per barbozza. E chi sfoglierà,
ò taglierà la cima della melga, ò taglierà (sfalazzi)
di altri sij tenuto alla pena di soldi 20 per fasso, ò colma, ò
soma, e lire tre per barbozza perchè così è.
6° - Che chi buscare strame ò meligazze dove però non sono
anchor racolte dal padrone sij tenuto alla pena di soldi cinque per cerlone
e soldi quaranta per barbozza sì di meligazze che di strame.
7° - Che chi darà ogni altro danno nelle vigne d’altri, et
in particolare chi guardarà bestie in dette vigne sij tenuto alla pena
di soldi dieci per caduna volta, et per caduna bestia, perché così
è.
8° - Che le vache, è tutto il bestiame non possi pascolar alla versura
(…….) dal principio che incominciano (……..) da fieno
sino a tutto il mese d’aprile è non più sotto la pena di
dieci soldi per bestia à chi contraffarà.
9° - Che chi sperticherà, ò sbaterà noci, ò
castagne d’altri avanti che sijno sperticate dal padrone sij tenuto alla
pena di soldi 20 per caduna volta.
10° - Che chi robarà melga, ò qualsiasi altro grano, è
frutti da brobba come pomi, fico, persici, e qualsiasi altra frutta come anchora
rape et altro sij tenuto alla pena di lire tre per caduna volta.
11° - Che chi farà legna di qualsiasi sorte nelli mesi di maggio,
luglio, agosto, è settembre nel bosco della comunità che sij tenuto
alla pena di un scudo per volta e per cadun particolare.
12° - Che chi farà pali di legna passati detti cinque mesi con segure
(scure) ò zappe, ò zapponi, ò qualsiasi altro ferro fuori
del falcetto sij tenuto alla sudetta pena di un scudo per volta e per cadun
particolare come sopra.
13° - Che chi farà strame ò raccoglierà lo sterco in
detto bosco sino che non sarà deliberato da due parti delle tre del consiglio
sij tenuto alla pena sudetta di un scudo per volta a ciascun particolare come
sopra.
14° - Che niuno particolare sudetto qualsivoglia della terra, è tenimenti
nella presente terra di Cavaglietto alloggiare né dar albergo à
persone con pecore di qualsiasi sorte, né permettere che quelle si pascolino
nelli tenimenti predetti sotto la pena di scudi dieci per caduna volta perché
così è.
15° - Che il camparo che la comunità farà di anno in anno
per far osservar detti capitoli non possi portar nessuna parzialità ad
alcuno è che sij tenuto scorer ogni giorno due volte tutto il territorio
della presente terra di Cavaglietto è che in caso fosse ritrovato da
qualsiasi persona degna di fede à cometer lui, ò suoi di casa
alcune delle sedette robarie, che la comunità gli possi levar da fatto
del di lui salario un scudo per caduna volta che sarà ritrovato, è
l’accusante sarà tenuto secreto anzi (…….) darà
la mettà di detto denaro che sono lire tre.
9 luglio 1713 – ORDINI della Comunità di Boca
Primo – Che niuna persona,
terrero, forestiere, intendendosi forestieri quelli che non abitano dentro del
territorio di Bocha possi tagliar boscho, né strame sopra beni, sì
del comune quanto dè particolari, né condurlo via sotto pena per
rispetto dè forestieri per ciascuna persona, et ciascuna volta di scudi
duoi d’oro, et à chi le condurrà via con bestie, di scudi
tre per ciascheduna somma, et per ciascun barolo, di scudi cinque d’oro
applicandi per un terzo all’officio del Podestà di Bocha, et l’altro
al detto Comune, et l’altro terzo all’accusatore, oltre l’emenda
del danno, et che contro di detti forestieri si possa procedere dal detto officio
di Bocha come dellegato al Senato Eccellentissimo, et per rispetto de terreri,
et quelli che pagano carichi con detto Comune per ciascuna persona, che taglierà,
ò porterà via boscho, ò strame come sopra, et per ogni
volta di soldi trenta imperiali, et per cadun barozzo di lire sei imperiali
applicandosi al detto comune.
2° - Item che alcuna persona non possa squassare boscho, né forestiero,
né terrero come sopra, sotto pena di lire tre imperiali per caduna volta
che ciò cometterà applicando al detto comune.
3° - Item che niuna persona di detto comune possa vender à forestieri
boscho in piedi, né tagliato, sotto pena di lire sei per ciascuna soma,
et di lire dodici per cadun barozzo, et di soldi trenta per caduna barozzetta,
ò carica applicando per un terzo al detto Podestà, l’altro
all’accusatore, et l’altro al detto comune, et parimente per rispetto
del strame non si possa vendere à forestieri né in piedi, né
tagliato, né condurlo fuori del territorio sotto la sudetta pena applicando
come sopra.
4° - Iten che niun forestiere possa pascolar bestie nel detto territorio
sotto pena per rispetto dè bovi, asini, muli, e cavalli di soldi trenta
imperiali per caduna bestia, et ciaschuna volta, et per rispetto delle pecore,
ò capre, di soldi venti imperiali per caduna, et per ciaschuna volta
applicando come sopra, oltre il danno. Et se il danno si darà con pascholare
anche ne boschi dentro di due anni doppo il taglio, che si dimanda garzola,
sotto dupplicata pena.
5° - Item che niuna persona, ne terrena, né forestiere possi far
strade sopra beni del comune, né de particolari, fuorichè le consuete,
né impedire terreno comunale, né particolare con legnami, ò
altro sotto la sudetta pena d’applicarsi come sopra.
6° - Item che niuna persona di detto territorio possa portare à far
torchiare uve ad altro torchio, che à quello del (Spirito Santo) di Bocha
sotto pena di lire tre, d’esser applicate al detto luogo Pio.
7° - Item che niun camparo del comune possa dar licenza ad alcun terrero,
né forestiero di squassare, né tagliar boscho, né strame,
né portarlo via, sotto pena di lire cinquanta imperiali per caduno, et
per ciaschuna volta, che contravverrà applicando a detto comune, et che
sia creduto all’accusatore col suo giuramento, et un testimonio degno
di fede, et sotto la medesima pena, non possono per se stessi dar danno alcuno
in detto territorio applicando come sopra.
8° - Item che al camparo del comune sia creduto con giuramento alla forma
del Statuto, et ogni persona possa accusare li contrafacienti come sopra, et
l’accusatore sia creduto col suo giuramento, et un testimonio degno di
fede.
9° - Item che li forestieri, che saranno accusati per le contraventioni
sudette, se gli dij un termine di tre giorni soli, e non più a deffendersi,
et li campari, che gli avranno accusati siano obligati proseguire detta accusa
sotto pena di pagare essi l’accusa, e pena incorsa sì avanti detto
Podestà di Bocha sì avanti qualsivoglia altro giudice, come dellegato
dell’Eccellentissimo Senato.
1609 – ORDINI di Boca
Prima – Che niuna persona
terera ne forestiera intendendosi forestieri quelli che non abitano dentro del
teritorio di Bocha possi tagliare boscho ne strame sopra beni sì del
comune quanto de particolari ne condurle via sotto pena per rispetto de forestieri
per ciascuna persona e ciascuna volta de scudi duoi d’oro et a chi le
condurrà via con bestie de scudi tre d’oro per ciascuna soma et
per ciascuno barozzo de scudi cinque d’oro aplicandi per un terzo all’officio
del podestà di Bocha et l’altro al detto comune et l’altro
3° al’acusatore oltre alla emenda del danno et che contro detti forestieri
si possa procedere dal detto officio di Bocha come delegato del Senato Eccellentissimo.
E per rispetto de tereri e quelli che pagano carichi con detto comune per ciascuna
persona che tagliarà e portarà via boscho ò strame come
sopra et per ogni volta de scudi venti imperiali et per caduna soma de libre
tre imperiali et per caduno barozzo de libre sei aplicandi al detto comune.
Item che alcuna persona possa squassare boscho né forestiero né
terero come sopra sotto pena de libre tre imperiali per caduna volta che vi
commetterà aplicandi al detto comune.
Item Che niuna persona di detto comune possa vendere a forestieri boscho in
piedi sotto pena di libre sei per ciascuna soma et de libre dodici per caduna
barbozza et de soldi trenta per ciascuna brazada o caricha aplicandi per un
3° al detto podestà, l’altro all’accusatore et l’altro
al detto comune e per rispetto del strame che non si possa vendere a forestieri
ne in piedi ne tagliato ne condurlo fuori del teritorio sotto la sudetta pena
aplicandi come sopra.
Item che niun forestiero possa pascolare bestie nel detto teritorio sotto pena
per rispetto de bovi, asini, mulli e cavalli de soldi dieci imperiali per ciascuna
bestia e ciascuna volta, e per rispetto de pecore o capre de soldi cinque imperiali
aplicandi come sopra e se il danno si darrà col pascolare boschi dentro
di doi anni doppo il taglio che si domanda Garzole sotto duplicata pena.
Item che nessuna persona del detto teritorio possa portare a far torchiare uve
ad altro torchio che a quello di Santo Spirito di Bocha sotto pena di libre
tre da essere applicate al detto Pio loco.
Item che nessun camparo del comune possa dar licentia al alcun terero ne forestiero
di squassare ne tagliare boscho ne strame né portarlo via sotto pena
de libre cinquanta imperiali per ciascuno et ciascuna volta che contraffarà
aplicanda al detto comune et che sia creduto l’accusatore col suo giuramento
et un testimonio degno di fede et sotto la medesima pena non possino per se
stessi dar danno alcuno in detto teritorio aplicandi come sopra.
Item che al camparo del comune sia creduto col giuramento alla forma del Statuto
et ogni persona possa accusare li contrafacienti come sopra et l’accusatore
sia creduto col suo giuramento et un testimonio degno di fede.
Item che li forestieri che saranno accusati per le contraventioni sudette se
le dia un termine de tre giorni soli e non più a difendersi et i campari
che li haveranno accusati siano obligati proseguire detta accusa sotto pena
di pagare essi l’accusa e pena incorsa sì avanti detto podestà
di Bocha quanto qualsivoglia altro giudice come delegato del Senato Eccellentissimo.
1613 – ORDINI di Bogogno
Considerando et vedendo li Consoli et homini di Bogogno juristitione di Arona, li gran danni che portano li porci nelle terre et frutti dil luogo et territorio di Bogogno, hanno ordinato et ordinano, che tutti quelli che tengono et alevano simili animali siano tenuti dalla festa di San Martino d’ogni anno, sino per tutto il mese di febraro, tener detti animali nelle loro stalle, et in caso che si ritrovassero fuori à danno, si possino amazzare impunemente, et dal detto mese di febraro avanti, tutti li habbino da consegnare al porcaro et custode de tali animali per il pascolo, quale si deputarà ogni anno dalla festa di San Martino sino al calende di marzo, et pagarli la sua contingente mercede, et non lassarli vagare per le campagne, prati, orti, né altro à dar danno, sotto pena de scudi duoi d’oro per ogni contrafaciente d’esser applicati per un terzo al padrone del danno, oltre il danno, un altro terzo all’acusatore et l’altro terzo al fisco, et oltre, si possino amazzare impunemente come sopra, et si procederà sumariamente et si crederà all’accusatore con un testimonio degno di fede per piena (…..), nel resto si servarano li Statuti dè danni datti come dispongono.
Medici e medicina nel Dipartimento
dell’Agogna.
Contributo alla conoscenza della realtà sanitaria nel passato.
Un’epoca straordinaria e irripetibile.
Così si può definire il breve periodo intercorso tra la Rivoluzione
Francese con la conseguente occupazione napoleonica, ed il momento della Restaurazione
dopo la caduta di Napoleone.
Un’epoca in cui non è per niente facile dare un sereno giudizio
perché come tutte le rivoluzioni, anche e soprattutto in questa, si sono
alternati momenti altamente innovativi che hanno fatto scorrere velocemente
e positivamente la “staticità” di quel tempo, a
momenti altrettanto drammatici che facevano rimpiangere l’epoca precedente.
Quella straordinaria rottura con il passato portò con se sciagure e lutti
con la coscrizione obbligatoria e le infinite guerre napoleoniche, ma anche
la creazione di un esercito veramente italiano dove incominciarono a germinare
i primi ideali sviluppatosi poi nell’epoca Risorgimentale.
Portò con se la confisca e l’alienazione dei beni ecclesiastici
e comunali, ma anche un allargamento e razionalizzazione della terra coltivabile
e produttiva.
Portò con se il sistematico sfruttamento della nostra economia ai fini
politici e militari della Francia, alla spoliazione delle opere d’arte,
alla drammatica decisione di porre il fiume Sesia come linea di confine tra
due stati.
Tuttavia vi furono momenti altamente qualificanti ed innovativi che permisero
un avanzamento culturale e sociale mai registrato nei secoli precedenti. Si
pensi solo alla nascita dello stato civile, ai codici, all’unificazione
dei pesi, misure e monete, ai massicci interventi nelle vie di comunicazione,
alla scuola, al commercio.
Ma nel complesso ciò che più di tutto va dato atto positivamente
a quel periodo, fu l’impegno profuso nel settore sanitario dove la salute
pubblica fu considerata come un bene primario di tutta la società.
Già l’ideale era rivoluzionario perché prima di quel tempo
la salute dell’individuo era lasciata alla sola, seppur indispensabile
carità cristiana, per mezzo degli istituti di beneficenza e delle Congregazioni
di Carità.
La vita umana – scrisse Carlo Zaghi – fu difesa non soltanto con
le cure mediche negli ospedali, ma nei luoghi stessi dove le epidemie, la miseria
e la degradazione umana si annidavano, con un senso di civiltà e di umanità,
calda e vibrante, quale non si aveva mai avuto in passato. (1)
Già le convenzioni mediche che si stipulavano nei borghi erano qualificanti
rispetti al passato dov’erano previsti dei Capitoli più impegnativi
e vincolanti, con precise norme di comportamento per i medici nei confronti
dei loro assistiti.
Tanto il medico che il chirurgo dovranno avvisati, recarsi a visitare gli
ammalati. Per le malattie non pericolose dovranno continuare a visitare l’ammalato
una volta al giorno, fino alla guarigione, e nelle malattie gravi, e pericolose
dovranno fare anche due visite al giorno.
Occorrendo consulti con medici forestieri e con chirurghi, dovranno tanto il
medico che il chirurgo condotti prestarsi ad esporre il proprio sentimento,
e fare la storia della malattia senza poter pretendere cosa alcuna.
Tanto il medico che il chirurgo dovranno curare indistintamente tutti i
comunisti senza poter pretendere cosa alcuna, ad eccezione però delle
malattie ricercate, o provenienti da ferite rilevate in rissa, nel qual caso
potranno farsi pagare dall’ammalato, salvo a questi il diritto di indenizzazione
verso chi, o come di ragione. (2)
Furono create la Commissione di Sanità in ogni Dipartimento che avevano
il compito di tenere sotto stretto controllo la situazione sanitaria, e con
l’obbligo per i medici di inviare a scadenze prefissate una relazione
sullo stato sanitario del luogo di competenza.
Attraverso quella struttura, i medici sul territorio ricevevano le direttive
alle problematiche emerse.
Fu soprattutto attraverso queste Commissioni che si portò avanti con
impegno ammirevole la lotta contro le malattie infettive in special modo contro
il vaiolo, con un’opera di sensibilizzazione e coinvolgimento che impegnò
medici, amministratori, e parroci di tutti i luoghi abitati.
Pioniere di questa battaglia in Italia fu il medico varesino Luigi Sacco che
nel 1800 inoculò per la prima volta il vaiolo vaccino scoperto due anni
prima dal medico inglese Jenner, in luogo del pericoloso pus umano. La pratica
di vaccinazione con il pus umano andò avanti comunque ancora per molti
anni.
Con il decreto del 5 dicembre 1802 il vaccino fu reso obbligatorio e propagandato
anche con la collaborazione del clero: Parrochi! A voi tocca d’insegnare
questa pratica, ed a impiegare tutta la vostra persuasiva, ed il vostro ascendente,
onde i parrocchiani sbandiscano ogni timor vano, e siano convinti di questa
verità.
Tutti i medici erano obbligati a vaccinare gratuitamente i poveri, ogni anno
inoltre erano tenuti ad inviare alle rispettive Commissioni l’elenco nominativo
dei vaccinati.
Gli obiettivi furono gradualmente raggiunti, ma con gran difficoltà a
causa dei freni eccitati dai medici tradizionalisti che non credevano nella
vaccinazione, e della paura della popolazione.
Nel 1810 si erano vaccinate un milione e mezzo di persone salvando così
da morte certa almeno 150.000 di loro.
Per comprendere appieno la gravità di questa malattia sono interessanti
le relazioni mediche di Giovanni Antonini, zio del futuro generale Giacomo,
a quel tempo responsabile della vaccinazione nel distretto di Mortara.
L’8 luglio 1806 in una di esse, analizzò le cause che avevano determinato
un freno nella vaccinazione di massa e propose anche di applicare una maggiore
durezza governativa facendo proprio il giudizio espresso dal ministro svedese
Baron De Scoffer in cui è permesso, si dice, di violentare il cittadino
allorché si tratta del suo interesse.
Rintracciare le principali cause che ostano a rendere ai popoli benevisa, comune
e perenne la pratica vaccinazione, si ravvisano dunque fra le molte, lo spirito
dell’interesse che affascina quella classe d’uomini, che si ha dal
volgo la massima differenza per essi; la superstizione, ossia una mal intesa
religione; l’imperizia dei vaccinatori, e per fine la facile reazione
alla Legge.
Il falso spirito di religione, ossia l’erronea opinione della predestinazione,
allucina non pochi popolani a credere che la pratica vaccinazione si opponga
alla religione, perché tende contro i destini della Divinità.
Tallora s’incontrano Ministri del Santuario che si dichiarano nemici
della vaccinazione, e fanno credere alli rozzi popolani che le malattie dei
loro figli vengono originate dai medici vaccinatori dichiarati poi a voce di
popolo demoni o stregoni.
Era quindi necessario lottare contro costoro, però nello stesso tempo
anche contro i tanti medici inesperti e contro l’abuso di affidare a chicchessia
la pratica vaccinazione. Una tal massima ridonda di danni incalcolabili che
gravitano sull’umanità. Il difetto delle opportune cognizioni fa
sì, che talvolta rendesi insoffribile l’operazione, o che elude
il fine della medesima, quindi ne nasce la naturale avversione alla vaccinazione,
e la perfetta diffidenza.
Nel Comune di Albonese si era destato un aborrimento alla vaccina causato
dall’imprudenza di chi vuolse vaccinare, senza essere fornito dei lumi
necessari per eseguirne l’operazione; il popolo declamava a buon diritto
contro la medesima, giacchè il prodotto dell’eseguitasi supposta
vaccinazione ha deluso il voto del popolo, quello cioè della preservazione
dal vajuolo umano; il flegmone, le ulcere ostinate, e dolorosissime, insomma
la vaccina spuria furono in detta Comune gli ordinarj, e generali effetti causati
dalla mano dell’inesperto vaccinatore. Esso inumanamente con crudo sproporzionato
ago perforava li muscoli dei teneri fanciulli = li cauterizzava.
In molti altri luoghi – continuava il medico – era
usata della materia ricavata da una falsa pustola facendo gravissimi danni;
pertanto la proposta era quella di classificare le persone autorizzate alla
vaccinazione stessa.
Vi erano altre regole ben precise da osservare:
non prevalersi della materia che somministra la pustola oltre all’ottavo
giorno, giacchè dubbj si rendono in tale epoca li suoi effetti, e quasi
sempre vi nasce la vaccina spuria, ed ecco spiegato il motivo per cui rendesi
essenziale ai vaccinatori la cognizione della materia atta esclusivamente a
produrre la vera vaccina.
L’ago del celebre dottor Sacco è l’instrumento più
obvio alla pratica vaccinazione.
Il sangue frammischiato col pus, che sorte dalla pustola è atto a
produrre la vera vaccina.
Il pus, che esce dal centro della pustola, o degenerata, o che oltrepassi l’ottavo,
o decimo giorno vi produce quasi sempre la vaccina spuria, dai lembi però;
o dalla periferia dell’istessa pustola puossi ottenere materia atta a
nuovi innesti.
Il tempo più opportuno per ricavare la materia atta all’innesto
di vaccina vera, si è dal quinto, talora dal quarto, all’ottavo
giorno; al di là si rende dubbia la vaccinazione né suoi effetti.
(3)
Ogni anno la Commissione di Sanità, inviava dettagliate istruzione a
tutti i medici e chirurghi:
La stagione più propizia alla pratica dell’innesto vaccino
sono la primavera e l’autunno.
Il metodo d’innestare da braccio a braccio sarà preferito ad ogni
altro, siccome opportuno ad evitare la propagazione del vaccino spurio.
La vaccinazione si eseguisce da comune a comune come segue:
Il Prefetto ordina all’amministrazione municipale del comune di preparare
1° - Alcuni ragazzi innestati anche col pus conservato nei tubetti
2° - La suddetta amministrazione avvisa il pubblico assicurata che sia il
buon esito degli innesti praticati del giorno, e ne previene le amministrazioni
municipali dei comuni che sono in contatto per loro intelligenza.
3° - Le suddette amministrazioni danno le disposizioni necessarie, affinché
il medico e chirurgo incaricati della vaccinazione dei rispettivi comuni si
trasferisca con due ragazzi almeno alla vaccinazione del capoluogo del Dipartimento
per innestare in essi la vaccina.
4° - Le suddette amministrazioni, tosto che saranno assicurati che i loro
innestati lo sono con effetto, dovranno parimenti prevenire le altre amministrazioni
municipali dei comuni in contatto con essi, del giorno e dell’ora della
vaccinazione generale nel loro comune onde quelle abbiano ad eseguire quanto
queste avranno già eseguito all’epoca della vaccinazione nel capoluogo,
e così di mano in mano seguirà la vaccinazione in tutti i comuni.
(4)
Il vaiolo fece la sua ricomparsa nella nostra zona nel 1806, quando la pratica
della vaccinazione non era ancora ben definita nonostante le leggi già
operanti.
A Boca morirono 18 bambini. Non si conoscono i dati relativi a Prato e Romagnano.
Nel 1811 in quest’ultimo paese furono vaccinati 61 bambini, e 62 l’anno
dopo. 128 a Ghemme, 75 a Fara, 57 a Sizzano, 64 a Romagnano. (5)
Ve n’erano molte altre di malattie e spesse volte erano indicate dai medici
con nomi generici e curate in modo un poco empirico, ma tante volte efficace.
Cosi la febbre catarrale era curata con decotto d’orzo, la
terzana con sale amaro, la febbre continua renitente con Rob di
sambuco, oppure con vino anticorbutico, la sifilide con merenzio dolce,
la quartana con oppio solido laudau. (6)
Interessanti e drammatiche sono anche le relazioni relative alle malattie trasmesse
da animali che poi abbastanza frequentemente provocavano la morte delle persone.
L’epizozia o morbo corboncolare delle bovine era una
delle più pericolose e quando si sviluppava doveva essere immediatamente
isolata. L’ordine di comunicare qualsiasi morte d'animali era tassativo.
Il 16 marzo 1808 il giudice di Pace di Romagnano Bianchi ricevette dal sindaco
di Cavallirio una comunicazione in cui si diceva che nella frazione di Stoccada
si era verificato un caso d'epizozia in un bue poi trasmessa al suo proprietario.
Fu subito inviato il medico Ragni a verificare la situazione:
richiesto ivi il Carlo Silano ha deposto, che da un anno circa riteneva
nella sua stalla un bue di pelo rosso d’anni 5 circa, il quale fino dalli
due andante principiò dar qualche indizio di malattia, sebbene continuasse
mangiare qualche poco, veniva in forza del male costretto mettersi talvolta
per terra, continuò in tale stato sino al venerdì quattro pure
andante, ed alle ore otto italiane il Giacomo Silani figlio del succinto Carlo
alzatosi da letto, e credendo porsi in viaggio per condurre un bottale di vino
a Varallo, entrato nella stalla, trovò il bue disteso per terra, cercò
di aiutarlo, e gli diede quindi il braccio per ben tre volte, come si usa generalmente
nella cura delle bovine, e simili, ma l’animale poche ore in appresso
morì
Fu questa la conseguenza della trasmissione della malattia al giovane contadino.
Comparve una vescichetta che nel giro di poche ore prese a gonfiarsi tutto il
braccio e i muscoli pettorali. A nulla servirono gli interventi medici essendogli
intervenuto un tifo con vomitazioni, e singhiozzi.
Il Giudice Bianchi segnalò ancora alla Commissione di Sanità:
prevedendo il signor medico, che purtroppo in breve succederà la
morte dello sgraziato Giacomo Silani, a suggerimento del medesimo, ho prescritto
al sindaco di Cavallirio di dover far dar sepoltura al di lui cadavere quattro,
o sei ore al più dopo il di lui decesso, dovendo essere profonda la fossa
del medesimo oncie deciotto almeno.
La risposta della Commissione fu altrettanto chiara nella normativa per il risanamento
dell’ambiente:
far praticare le cautele del medesimo indicate intorno alla stalla in cui
è morto il bue e di più i proffumi muriatici di Moreau col susseguente
bianchimento delle sue pareti e volto, e lavatura del suolo e mangiatoia con
acqua carica di aceto. (7)
Ancor più drammatiche le testimonianze sull’idrofobia o rabbia
degli animali.
I casi avvenuti in Valsesia nel 1809 ci fanno conoscere anche le cure praticate
sul momento prima dell’intervento del medico Antonini delegato dalla Commissione
a seguire la vicenda.
appena fui portata alla mia casa, essendovi giunto mio marito, fece apporre
della Teriaca sulle mie ferite, e del pelo stato levato dal cane stesso, che
come già le dissi, era stato ucciso ed io non so dirle da chi sia ciò
stato ordinato. Nel dì seguente detto mio marito ha chiamato certo Micciolo
flebotomo di Scopello, il quale mi ha cavato circa tre oncie, com’egli
disse, di sangue per lo spavento, ch’io ho sofferto, e mi ha inoltre ordinato
di mettere la gamba nel latte, con entro della malva e riscaldato fino al segno
che avrei potuto soffrire
Una seconda testimonianza:
Mi sono subito recato in Scopetta all’osteria di certo Poregalli ove
mi sono lavato la ferita con vino bollente e con acquavita, ed ho col lume della
candela fatto scolare il sangue che v’è uscito.
Una terza testimonianza:
Nel giorno in cui fui morsicata, essendo tardi, cioè quasi vent’uno
ora d’Italia quando seguì il fatto non ho fatto altro che lavarmi
la gamba nella parte offesa con acqua calda e con aceto bianco. Nel dì
seguente poi mio padre recisa la testa di un gatto, e tagliatala per mezzo,
me la pose sulla gamba e sulle ferite, e me lo ha lasciato applicato per ore
ventiquattro circa, e non feci altro.
Una quarta testimonianza:
Appena giunto alle prime case di Scopa entrai in una di esse e mi sono lavato
le piaghe con vino nero riscaldato, e sarà trascorso un’ora d’intervallo
tra la morsicatura, e la lavatura delle gambe, essendo io stato morsicato circa
le ore diciotto d’Italia. Debbo altresì aggiungere d’essermi
anche poco dopo aver lavate le piaghe con vino caldo fatta un’altra lavatura
con acquavita. Restituitomi a casa il suddetto Duberti Giuseppe flebotomo mio
zio mi ha egli curato con un empiastro formato con latte e pane.
Lo stesso cane malato di rabbia aveva peraltro già azzannato anche il
cane dello storico personaggio varallese Gerolamo Lana trasmettendogli la malattia
e facendolo morire.
E’ lo stesso Gerolamo Lana che depone sull’avvenuto descrivendo
la fine del proprio animale.
I sintomi che si sono spiegati, sono i seguenti.
Un tremore universale in tutto il corpo, con occhj languidi ed appannati, bocca
bavosa, esibitogli il cibo, lo prese, ma non lo puotè inghiottire, difficoltà
di sostenersi sulle gambe. Tutti gli accennati sintomi aumentati. Poi rifiuto
assoluto del cibo che gli si presentò. Respiro affannoso con stordimento
alla testa. Poi è morto. Tutto questo è occorso nel periodo di
due giorni, dopo quattordici giorni dalla morsicatura. L’ho poi fatto
seppellire previa la disezione da me fattagli.
Interrogato se nel fare la detta disezione abbia avuto a rilevare qualche
incostanza che meritasse riguardo.
Risponde. Osservai lo stomaco ristretto e ravvicinato in se stesso, l’esofago
ristretto la di cui parte esterna assai livida, fauci tutte bavose, con alcuni
tubercoletti rossicci, spirante fetore.
Il resoconto ci fa conoscere anche la fine del cane rabbioso:
Lo vidi mentre era per morire, essendogli stati tirati due colpi di fucile,
e date delle percosse con bastone da alcuni di Scopello appunto per ucciderlo.
Il Bernardino Micciolo fu quello che gli tirò il primo colpo di fucile,
e finì di ucciderlo il Gaudenzio Topino a colpi di bastone.
Io credo costantemente che il cane di cui si parla, fosse idrofobo, perché
morendo lasciava cadere delle bave in abbondanza, avea la lingua che era già
per metà nera, e le gengive che erano gialle, e so che morsicava chiunque
trovava, e che avrebbe seguitato a morsicare se non fosse stato scacciato. Rispetto
alle bave poi ho presente che essendo io stato richiesto a trasferirmi a Scopa
per ivi medicare certa Maddalena Ceruti altra delle persone state morsicate,
viddi che sulle vesti avea ancora delle bave che ella mi disse esserle state
lasciate dal cane suddetto, ed ho pure sentito a dire che anche presso gli altri
morsicati siano rimaste delle bave sugli abiti. (8)
In questi casi anche l’Antonini stesso pur essendo un acuto osservatore,
aveva molti dubbi riguardanti la terapia e confesso di non essere ancora
istruito abbastanza scriveva in una relazione in cui sottolineava il fatto
che non tutti i colpiti di rabbia reagivano allo stesso modo. Perciò
non si sentiva di negare l’efficacia di certi antidoti usati, ma nemmeno
di decantarne le virtù, altrimenti come si spiegherebbe che più
uomini stati ad un tempo morsicati da un cane rabbioso, alcuni perirono idrofobi,
sebbene avessero praticati varj metodi di cura, ed altri non erternarono giammai
segni di rabbia, e ne camparono, quantunque usata non avessero cura alcuna.
Gli antidoti che l’Antonini non si sentiva di decantare erano quelli dell’ammoniaca,
del muschio, del cinabro d’antimonio, della canfora, dell’oppio,
delle replicate cauterizzazioni, delle lunghe suppurazioni.
Non c’erano antidoti sicuri al momento, continuava l’Antonini, salvo
che in un caso: li coraggiosi sacrifici di parti amputate, od estirpate
salvarono la vita a molti, e son d’avviso, che l’ottimo parroco
di Robbio, signor Prevosto Dedominici di maggiore fermezza, avendo egli, oltre
le replicate lozioni, praticata sull’istante col ferro l’estirpazione
della parte offesa, e l’abbruciamento di essa colla fiamma d’un
fuoco attivo avrà con ciò ottenuta fuor di dubbio la distruzione
del supposto contagio. (9)
Della stessa idea dell’Antonini era anche il chirurgo Milanoli di Grignasco
che di fronte alla ferita avuta da Giuseppe Bertolino non esitò,
premessa una superiore legatura recidere la parte stata morsicata, indi dopo
averla ripetutamente lavata passai a cauterizzarla profondamente. (10)
Un’altra curiosità sul lavoro dell’Antonini ci viene da una
successiva relazione dove sosteneva che a molti medici mancava lo spirito di
osservazione e di investigazione della causa della malattia.
In quell’occasione il medico si mostrò, oltrechè preparato,
anche deciso nella sua missione, e arrivò al punto di effettuare un’autopsia
in luogo pubblico:
Il cittadino Angelo Maria Zuccone è fermo nella concepita falsa opinione
che il di lui figlio dell’età d’anni sei fosse affetto da
febbre verminosa.
Non avendo chiamato il medico il bambino morì dopo pochi giorni. Vittima
dell’incuria e della dabbenaggine del proprio genitore. Si propalò
quindi nel paese la voce ch’ei fosse stato strozzato dai vermini privo
di ogni soccorso dell’arte.
Il medico indagò sul decorso della malattia nei giorni precedenti alla
morte parlando con i parenti e i vicini di casa, e visitandone il corpo senza
vita giunse alla conclusione che non era quella la causa del decesso. Ho
perciò ordinato al beccamorto di non sotterrarlo all’oggetto di
addivenire alla sezione del cadavere per meglio ravvisare la causa di morte.
Alla presenza di numeroso popolo ho dappoi aperto lo stesso cadavere ed esaminati
da mano a mano tutti li visceri furono d’essi trovati illesi: non comparve
infiammazione di sorta, non si rinvenne un sol verme né negli intestini,
né nel ventricolo solo in questi si è veduta una strabocchevole
quantità di bile densa nero gialla. Il fegato era naturale, e la vescica
felea tesa d’assai e di mole non ordinaria pella quantità di bile
ch’essa conteneva.
La causa della morte era per il dottor Antonini la febbre gastrica
e non la febbre verminosa. (11)
Una relazione proveniente da Veruno ci fa conoscere invece l’allucinante
spiegazione dei casi di tifo portati in paese da un disertore che subito fu
arrestato:
Serafina di anni 22 circa dal 4° al 5° giorno di decupito soffrì
un aborto di cinque mesi il quale rende certamente deteriore la sua condizione.
Trovai delle petecchie sulla regione del petto, e mi si dice che giorni sono
la eruzione petecchiale fosse più copiosa, la lingua arida, fecciosa,
tremula, che annuncia d’ordinario il prossimo delirio, sete intensa, angustia
di spirito, leggero edema sul dorso dei piedi forse in causa delle perdite uterine
pel seguito aborto, qualche meteorismo, diarrea però moderata con emissione
di molti vermi lombricojdi, polsi vibrati, stimolati con irregolarità.
La relazione continua su altre osservazioni:
Verso il decadere della seconda settimana insorgono il delirio, non però
feroce, ed in qualche caso limitato al vaniloquio, sussulti di tendini, respirazione
più o meno concentrata. Dalla 4° settimana in avanti s’osservano
denti anneriti, lingua secca, solcata, in qualche caso decupito al sacro ed
infine sordità, per vigilia grande agitazione, e qualche volta il sopore
ove più presto ove più tardi. (12)
A metà agosto del 1813 il tifo petecchiale comparve anche a Romagnano
dove furono colpite una quindicina di persone, ma solo due di loro morirono.
La malattia – in forma benigna secondo i medici – fu curata
con blandi antiflogistici e decotto di china.
La relazione dei medici accenna che durante l’anno si erano verificati
focolai di morbillo, scarlattina, untuaria tutte però in forma benigna.
Quello che è più interessante è l’analisi dei medici
circa le cause:
Fra le ragioni che potrebbero aver contribuito allo sviluppo ci pare doversi
asserire alle strettezze in cui trovasi la popolazione in generale, alla privazione
del vino (unico prodotto) già da 4 anni, alli continui cangiamenti di
meteore rapidamente succedutesi le une alle altre, all’abuso dè
frutti, massime dè pruni, e dei cereali non ancora in istato di maturità,
e fors’anche l’esalazione dè sepolcri.
A causa di quest’ultimo motivo la chiesa parrocchiale venne chiusa, e
d’accordo col parroco le funzioni religiose vennero fatte in quella sussidiaria.
Una relazione successiva precisa che i sepolcri esistenti nella chiesa parrocchiale
sono sì pieni, che in occasione delle tumulazioni si dovettero col tridente
smuovere i cadaveri precedentemente tumulati per far luogo agli altri, dalchè
non può fare a meno di svilupparsi un fetore assai nocivo e pericoloso.
(13)
Il problema dei cadaveri è portato alla conoscenza dei vertici politici
del Dipartimento anche in occasione di una epidemia di dissenteria e tifo accaduta
a Boccioleto nel 1813.
Anche in quell'occasione è interessante la relazione dell’Antonini.
Dai sintomi rilevati dall’oculare ispezione portata sugl’ammalati
in calce descritti risultano all’occhio medico osservatore tutti li caratteri
più precisi d’un Reuma Intestinale accompagnato da conseguenti
dejezioni di materie crude frammiste di strie sanguigne con tenesmo e tormini
di ventre.
Segni prodromi
L’ammalato pertanto che viene colpito dal miasma, diviene otto o dieci giorni prima di mal umore, accusa una penosa sensazione alla regida lombare; vaghi dolori fannosi sentire nell’abdome, perde l’appetito, dorme inquieto e brividi di freddo si succedono a vampe d’eccessivo calore al capo; l’individuo però è in istato apiretico, e si rimane in questo stato per sei, ed anche otto giorni.
Concomitanti
Dopo questo periodo cade l’ammalato con febre spiegata e risentita; li polsi si fanno piccioli e tesi; la febre è continua renitente; s’inasprisce di notte tempo ed allo stato febbrile succedono le frequenti dejezioni alvine; in alcuni di pretto sangue in altre di materie crudissime frammiste di strie sanguigne; il tenesmo è in tutti, li tormini di ventre acerbissimi ed in ragione diretta dello stato febbrile; il periodo di questo stato violento è brevissimo; di tre giorni presso la massima parte, di quattro o cinque in pochi; di otto in alcuno di quelli che vengono abbandonati alla ferocia del male; la gangrena degl’intestini n’è l’effetto del micidiale morbo e la causa immediata della prematura morte.
Cause
Circa le cause di questa ferale morbosa affezione che s’unisce non di rado a complicazioni infiammatorie ed abbondanti secessi con associati lombrici e dell’età infantile intaccati quasi a preferenza dell’adulta le dirò signor Vice Prefetto che non ignorasi che li fanciulli anche nello stato di vita ordinaria, siccome sono eglino più golosi degl’adulti vanno perciò più frequentemente soggetti a lombrici, diaree ed a dissenterie tallora sterminatrici, e nel concreto nostro caso siccome vi signoreggia anche nei ragazzi la tosse febrina ell’è dessa la ragione più convincente che l’età infantile sia stata a preferenza più sacrificata dell’adulta; nullameno se gl’adulti non sono attaccati da questa tosse indiscreta e sono meno golosi dei fanciulli non lasciano però d’essere frequente bersaglio dè tristi patemi che sono veleni mortali della digestione e aditi apertissimi all’invasione del nemico comune. Facilissima poi in tutte le età si è la soppressione della traspirazione; la più generale in Valsesia fra le cause morbose non meno gastriche che infiammatorie. La grande simpatia della cute col tubo intestinale fu sempre riconosciuta immancabile da Ipocrate fino a noi; ed al giorno d’oggi non v’ha alcun medico di sana esperienza, il quale non riconosca la dissenteria primaria per un verace reumatismo intestinale, astrazione fatta dalla facile complicazione dell’alterata bile e sughi gastrici, suburra putrida, verminosa ecc.
Cura in genere
Premessa così la succitata storia
delle cause predisponesti ed occasionali della malattia in discorso, non deve
reccar meraviglia se nel frequente miscuglio infiammatorio, siasi spesso riuscito
funesto in Buccioleto il sistema troppo eccitante praticato e viceversa in Rossa
ed altrove sì fausto il blando depurante gastrico combinato all’opportunità
coll’antistenico; siccome del pari risulterà plausibile il regime
preservativo per qualunque sospetto avvenire se contro la causa prossima dè
supposti miasmi vi si opporrà il sovrano rimedio d’una ben regolata
dieta; se verrà distrutta la fetida esalazione dei cadaveri che portansi
scoperti per riti pregiudizievoli d’un culto mal inteso coll’ordine
dell’immediato sotterramento dei medesimi; se verrà otturato e
proibito il tumulo dei fanciulli nel quale discendono li parenti ed il seppellitore
diffondendo così e perpetuando nelle famiglie li predetti miasmi; e se
finalmente vorrasi praticare un’esatta cautela da ogni sconcerto della
digestione e soprattutto della traspirazione con evitare siccome i cibi guasti
ed indigesti, così ogni refrigerio di cute massime a corpo riscaldato.
In una successiva lettera l’Antonini spiega più in dettaglio la
cura adottata per ogni singolo ammalato.
Anche in questo caso il sistema di cura non è identico e generalizzato
per tutti, ma a seconda dell’evoluzione della malattia. Così si
può ricorrere tallora al rabarbaro, tallora agl’astringenti precisando
che l’astringente poi, ossia roborante il più proprio l’ho
trovato nella Tintura Saturata di China colla soluzione della Gomma Arabica,
e poca dose d’Oppio.
Mentre ad esempio:
La Pianazza Anna Maria, e Pianta Cattarina di Piagiogna, guarirono nel periodo
di giorni cinque perfettamente sotto l’osservanza d’una rigorosa
dieta e la replicata ragione antiflogistica del Sidenan. (Un oncia di polpa
di tamarindo sciolta in tre oncie di decotto d’orzo, coll’addizione
di sei ottavi di sale amaro e due oncie di sciroppo di cicoria composto). (14)
Per concludere torna utile proporre uno stralcio di un’interessante quanto
utopistica relazione del medico “ecologista” dottor Antonio
Croce di Ghemme sullo stato della salute degli abitanti della bassa valle.
Non si potrebbe signor Vice Prefetto rispondere ai quesiti annessi alla
di lei lettera al n° 2762 senza dividere li comuni del Cantone in due parti:
Superiore la prima che da Romagnano inclusivamente estendesi sino ad Ara: Inferiore
l’altra che comprende Ghemme, Sizzano e Fara.
Nella parte superiore la serenità, la purezza dell’aria, la
vivace energia dei vini, il sapore, e la copia discreta degli altri prodotti
vegetali che servono di alimento ne rendono gl’abitanti vigorosi, e desti,
e le malattie che si conobbero quasi immemorabilmente proprie delle località
furono le plearchidi de catarrali infiammatorie e i reumatismi acuti: i tisi,
le ?, e le periodiche, salvo quelle che vi portano dalle risaje gl’indigenti
che vi accorrrono per procacciarsi col loro lavoro qualche quantità di
riso, non avendo cause locali si possono giudicare un puro risultato di individuali
disordini.
Non possiamo dire altrettanto della parte inferiore ove sotto una posizione
topografica non molto dissimile si rimarcano alcune circostanze particolari
che costituiscono un’atmosfera umida ed inerte, che gravita sul sistema
nervo, che infrange il rigore. Tali sono, e il furono da tutti i tempi i prati
irrigui situati per lungo tratto superiormente, ed inferiormente a ciascun paese,
gli scoli derivanti dalle colline che dal lato orientale sovrastano quasi all’abitato,
e le acque sorgenti nelle contrade stesse. Quindi sono malattie indigene le
intermittenti, le renitenti nervose e le catarrali d’indole astenia.
Le infiammazioni pneumoniche e le sinoche non sono comuni, e si possono
attribuire a cause accidentali od a particolar temperamento. Le intermittenti
in questa parte inferiore del cantone vengono in ogni autunno epidemiche e sono
frequenti in primavera: le catarrali infieriscono in primavera, ed in inverno.
Così nella parte superiore le stagioni delle pleuritici e delle febbri
infiammatorie. regolarmente la primavera e l’inverno: le intermittenti
autunnali vi ci sono quasi tutte recate dai risi.
Malattie normalissime quindi in quel particolare momento, anche se il dottor
Croce riesce a ravvisare una diversità tra le due zone sotto il suo controllo.
Però secondo la sua osservazione le malattie stanno cambiando e la loro
evoluzione è determinata dal cambiamento di clima che sta avvenendo gradualmente
a causa del disboscamento indiscriminato con il conseguente aumento dei venti
sciroccali. Inoltre dalla troppa estensione delle risaie.
Per rimuovere le cause delle sovra descritte malattie troverei necessario
che si rimettessero le piantagioni dei boschi, ma siccome non sarebbe facile
ottenerlo dai particolari, potrebbe il Governatore formare e far eseguire nella
sua saviezza un prospetto, per il quale si levasse un terzo delle risaje al
mezzo di questa porzione Dipartimentale, essendo più che sufficiente
gli altri due terzi per il commercio interno, ed esterno del Dipartimento. In
tal caso si dovrebbe ridurre a coltura asciutta il terreno occupato prima dai
risi, e fornirlo di piante e così si verrebbe ad aumentare la popolazione
essendo evidente, che la coltura dei risi non esige il quinto dei lavoratori
soliti della campagna asciutta, e questa dal canto suo nutrisce tutti i lavoratori,
che le sono necessari.
Una scelta quindi – secondo il dottor Croce – che influirebbe positivamente
sia sulla futura salute degli abitanti, ma anche sull’economia dello stesso
Dipartimento.
Dal calcolo approssimativo delle riferite popolazioni della parte settentrionale
del Novarese risulta, che ogni famiglia darebbe cinque individui. Ammesse le
condizioni sopra annunziate non sarebbe difficile il trasporto di 100 famiglie
da tutto l’alto Novarese, le quali in 20 anni potrebbero rigenerare il
pian paese del Dipartimento, migliorarne l’atmosfera, e concorrere alla
sanità degli abitanti della più bella sua parte. Infatti si avrebbe
ogni anno in aumento l’uno per cento in ragione progressiva, salve sempre
le cause accidentali, e le ordinarie, che purtroppo affliggono l’umanità.
(15)